lunedì 30 dicembre 2013

Valdagno e il Treno

Treno a Valdagno
Foto dalla pagina Facebook di I Love Valdagno
Valdagno e il Treno.
Sembra un po' il titolo di una favola, forse una di quelle che non sono mai state scritte.
Io non so se mi sbaglio oppure se la mia mente gioca brutti scherzi.
Io sono nata a Gennaio del 1978 e ho sempre abitato in Via 7 Martiri.
Io il treno me lo ricordo... è possibile secondo voi?
Non ho trovato fonti che certificassero quanto il treno sia stato tolto il treno ma io ho impressa nella mente l'immagine dei lavori dalle parti di casa mia. Ricordo quando venivano tolte le rotaie.
Forse me lo sono sognata... forse no. Se c'è qualcuno in ascolto che sa esattamente quando questo è accaduto, per favore me lo dica!
Anyway... il motivo di questo post non era tanto il mio ricordo d'infanzia quanto il fatto di quanto io abbia patito la mancanza di un treno.
Non so voi, ma io ho sempre girato tanto... anche quando ero piccolina.
Mi piaceva prendere la corriera, soprattutto quando sono comparsi gli auto-articolati.
La corriera, fino ai miei 14 anni, significava solo gita. Poi ha assunto il significato quotidiano del mio viaggio verso scuola.
Crescendo i viaggi sono diventati di più, sia in fatto di intensità che in fatto di frequenza.
Io pativo come non so cosa il fatto che tra me e la rete ferroviaria italiana ci fosse una bella ora piena di corriera e di trasporto su strada.
Adoravo allora come adoro ora il fatto di incastrare gli orari di treni, traghetti, aerei o quant'altro.
Quello che mi piaceva poco era che il mio viaggio in treno cominciasse da Vicenza.
Invidiavo Schio perché aveva la stazione dei treni.
Invidiavo da matti Bassano perché da lì potevi prendere il treno della Valsugana e arrivare semplicemente in Trentino.
Invidiavo tutti quelli che avevano una stazione ferroviaria a portata di bicicletta o di motorino.
Ho sempre pensato alle rotaie come una lunga retta capace di unire nazioni e popoli.
La ferrovia è davvero una grande cosa e, ancora ora, continuo a girare il mondo approfittando dei mezzi pubblici. E quando vedo che ho lunghi tratti in treno sorrido come una bimba.
A Valdagno tutto questo mi è mancato.
Rivorrei una Valdagno solcata dai treni regionali e locali, liberata da quintali di gomma e benzina che flagellano la statale tutti i giorni.
Vorrei poter vivere quel viaggio Valdagno-Vicenza che mia madre mi raccontava.
La corriera mi ha dato tantissimo e anni bellissimi... ma il treno è un'altra storia!

lunedì 23 dicembre 2013

Valdagno fa rima con Marana

Monte Marana di Valdagno

E' quasi Natale e sono in vena di pensieri e ricordi.
Quella che vedete qui sopra era la vista dalla mia camera, quando abitavo a Valdagno.
Guardavo fuori dalla finestra e c'era Marana.
Se spostavo piano piano lo sguardo verso destra arrivavo ad appoggiare gli occhi sul Castello e poi piano piano facevo tutto il giro delle colline fino ai Massignani.
Quando sono andata via da Valdagno per andare a vivere in Svizzera, passavo un tot di tempo a pensare a quelle montagne delle quali conoscevo ogni centimetro.
Ogni volta che tornavo a casa, mi mettevo alla finestra e stavo lì a "colmarmi" di Marana e dei suoi monti vicini.
Può sembrare stupido ma, ovunque abbia viaggiato nel mondo, non c'è mai stato nessun paesaggio che mi abbia fatto dire "Toh, è come Marana".
Quel monte è diventato mio amico alle elementari quando, durante una lezione con le mie maestre, ci vennero insegnati i proverbi tipici della nostra valle.
"Marana col collare, la gita si può fare" oppure "Marana incapelà, bruto tempo asicurà".
Io ho sempre fatto un grande affidamento sulla saggezza popolare e, quando diventai un po' più grande,  ogni giorno facevo le mie personali previsioni del tempo semplicemente guardando Marana.
Arrivarono poi i giorni in cui ci si organizzava per andare a Marana a camminare, magari di notte, per godersi l'alba da quella cima che per molti è un pezzo di storia personale.
Marana è un po' patrimonio per Valdagno.
Ogni volta che portavo da quelle parti qualcuno che non conosceva la valle, facevo notare di come Marana e Monte Falcone formino un bellissimo vulcano.
Alle elementari un giorno chiesi alla mia maestra di italiano se poteva essere possibile che Marana di risvegliasse.
Mi immaginavo Valdagno come una moderna Pompei, sommersa da chissà quanto materiale uscito dalla Montagna.
Non se lo ricordate, ma una notte dell'Epifania ci fu un incendio a Marana ed io lo osservai da casa, in tutta la sua tremenda brillantezza.
Quella montagna mi manca come mi manca, sotto Natale, un po' la mia casa.
Quel posto dal quale scrutavo il cielo tutte le mattine e tutte le sere.
Quel luogo dal quale sono riuscita a guardare la cometa Hale-Bopp per molte sere in tutta la sua bellezza.
Quella stanza in cui sono cresciuta e sono diventata quella che sono.
I tempi passano, le case vanno e la gente cambia luogo.
Le montagne no ... le montagne restano e vigilano come amici sinceri e saldi.
Ecco perché io amo tanto guardare Marana... perché lei sarà sempre là, come un guardiano fedele sulla nostra valle.

PS: la foto è della mia amica e vicina di casa Marta. Come mi mancano le nostre chiacchierate in poggiolo!

lunedì 16 dicembre 2013

La Stella

Cantare la Stella

Secondo voi le Anguane festeggiano il Natale!?
Beh, Anguana Inside sì e lo fa ricordando una cosa che mi manca tanto da quando non vivo più a Valdagno.
Questo periodo, fin da quando ero piccola, era per me il momento della Stella.
Quando ero piccolina vivevo con una bellissima ansia sorridente tutte le sere del mese di Dicembre in attesa che suonasse il campanello e si sentisse urlare dalla strada "Stellaaaaaaaaaaaa".
Diciamocela tutta: la tradizione dei cantori di Natale c'è in molti posti ma qui a Carpi, dove vivo ora, non c'è nessuno che passa di casa in casa come nella nostra Valle dell'Agno.
Il passaggio della Stella era un evento.
A volte me ne stavo sul pianerottolo dl quinto piano, a volte scendevo e cantavo assieme a quel gruppo di persone imbacuccate come non so cosa, sorridendo come se fosse arrivato il migliore dei regali.
Io vivevo a metà di via 7 Martiri ed ero fortunata perché, da noi, passava sia la stella del Ponte dei Nori che quella di San Clemente. Non ho mai capito perché.
Poi sono cresciuta e ho cominciato a fare parte anch'io di quello splendido via vai di gente che, nel freddo delle sere di Dicembre, cantava rallegrando (o forse no) le persone.
Adoravo andare alle prove, amavo moltissimo decidere che maglione mettermi o che calzettoni mi avrebbero scaldato.
Alla stella si chiacchierava, si stava assieme, si facevano programmi per le feste che ormai erano imminenti.
Tutti gli anni si arrivava all'ultima sera un po' sfatti ma anche un po' tristi perché finiva quel piccolo pezzo di mondo che tutti noi avevamo portato nel cuore.
Sembrava quasi che il pomeriggio del 24 Dicembre ci si dovesse salutare in modo inesorabile anche se avremmo sicuramente frequentato i nostri compagni di Stella in modo assiduo, visto che erano i nostri stessi amici.
La città era la stessa, le vie anche, ma girare cantando e raccontando il Natale aveva in sé qualcosa di speciale che andava oltre il fatto di raccogliere dei fondi da dare in beneficenza.
Era la Stella... e scusate se è poco!
La mia canzone preferita di sempre è stata scritta da Bepi de Marzi e ho sempre adorato cantarla, fin dai tempi delle Elementari. Ho cercato su YouTube una versione nostrana, ma non l'ho trovata.
Adesso me la ascolto e me la canto, immaginando di essere ancora dentro una di quelle fredde sere di Dicembre di alcuni anni fa.


venerdì 13 dicembre 2013

C'erano una volta i derby

Calcio Giovanile a Valdagno
Campo da calcio della filatura di Valdagno - Foto da Azzurracalcio.it

Negli anni ottanta a Valdagno c'erano ben sei società calcistiche con rispettive categorie giovanili che andavano dai Pulcini alla Juniores o Allievi e che, in qualche caso, potevano anche arrivare fino all'Under 21: l'Azzurra Maglio, il Novale, l'Agno, il Ponte dei Nori, la Piana e il Valdagno.

L'Azzurra Maglio giocava gli incontri interni allo Stadio della Filatura che si trova all'inizio della frazione a Nord-Ovest della Città, o nel campo in terra del Centro di Formazione Professionale sito poco sopra la Stazione.
Il Novale nel campo dell'Oratorio vicino alla Chiesa Parrocchiale.
L'Agno e il Ponte dei Nori nel campo limitrofo al Palazzetto dello Sport, che ha intorno l'anello per l'atletica leggera e dove gioca ora il Rugby Alto Vicentino.
Infine, la Piana disputava gli incontri nell'allora nuovissimo e ampio terreno di gioco in prossimità della salita finale che arriva direttamente davanti alla Chiesa della frazione.
Succedeva che, per poter disputare tutte le gare interne delle categorie giovanili, si giocava anche per un'intera stagione alla Domenica mattina con inizio dalle 9 e ritrovo con convocazione alle 7 – 7,30 nel caso di trasferte relativamente lunghe (comunque sempre all'interno della Provincia di Vicenza). Gli allenatori ci volevano sempre in forma e svegli, ma come potevamo pensare di esserlo dopo aver trascorso i primi Sabati sera con amici e aver magari fatto un po' più tardi del solito?

Erano gli anni in cui a dare il benvenuto nel mondo del pallone e ad allenare i pulcini dell'Agno c'era il buonissimo Sante Fioraso, persona molto gentile che è rimasta sicuramente nei ricordi di molti ragazzi che iniziarono in quegli anni a giocare a calcio.

Discorso a parte per le giovanili del Valdagno, laddove militavano solamente i più bravi appositamente e rigorosamente selezionati nelle suddette squadre, con partite di campionato che venivano poi disputate nel glorioso Stadio dei Fiori il Sabato pomeriggio o la Domenica mattina, con a seguire gli incontri di campionato della prima squadra che in quegli anni militava a cavallo tra la C2 e l'Interregionale (oggi prima e seconda divisione), alla Domenica pomeriggio.
Era compito del povero Augusto, orgoglioso custode del più importante e storico Stadio di Valdagno, riordinare le zolle del terreno di gioco dopo le sfide tra squadre giovanili, per le partite di calcio più importanti in tutta la valle.

Recoaro, Cornedo, Castelgomberto, Brogliano, Trissino e più in giù Montecchio Maggiore e qualche squadra di Vicenza e della valle del Chiampo o del Leogra completavano poi i gironi.

Per anni i più temibili e incontrastati furono senza dubbio i pari età del Garcia Moreno di Arzignano, avversari sempre tosti, e da lì non si scappava: la vittoria era sempre per loro. Ricordo un terribile e tiratissimo 4 a 3 per loro in un campo zona San Bortolo (cat. Giovanissimi o Allievi), in una prestazione eccellente da parte della mia squadra neroverde dell'Agno; in quella stagione arrivammo nei primi posti della classifica, ma purtroppo sempre dietro al Garcia Moreno, comunque.

Era il calcio giovanile Vicentino di fine anni '80.

@massimin74

mercoledì 11 dicembre 2013

Intervista a Maria Grazia Swan

Intervista a Maria Grazia Swan
Buongiorno a tutti!
Sono stata un po' "in volta" a fare un sacco di cose e a scrivere come se non ci fosse un domani.
Ho lasciato dormire un po' Anguana Inside ma oggi si riparte alla grande con una bella intervista!
Vi parlo di Maria Grazia Swan, una scrittrice che vive in Arizona e che ha origini Valdagnesi.
E' una delle tante Valdagnesi nel mondo che non dimentica le proprie radici e origini.
Novale è sempre nel suo cuore!


Qual è il tuo legame con Valdagno?
Sono Valdagnese 100%, nata a Novale, comune di Valdagno.
In Arizona ho i figli ma il resto della mia famiglia e un bel po’ del mio cuore è li, a Valdagno. 

Chiudi gli occhi e immagina Valdagno: raccontamela in poche righe.
Valdagno e’ cambiata molto, pur rimanendo com’era in un certo modo. 
Le case, i ponti, le fabbriche silenziose, le colline verdeggianti, ancora li, ma la gente?  La gente "mi sparisce tra visite", viaggia, cambia arriva gente nuova che non conosco, non capisco. Poi vado in cimitero per riveder sorrisi tanto amati e nomi mai scordati. 
Ma dai che mi fa tanta tristezza…

Cosa pensano i tuoi lettori americani di questo paesino sperduto dell'Italia del Nord?
Quando ho scritto il primo libro pensavo solo a fare omaggio a Mina, la pop diva della mia gioventu’. Con il secondo libro ho buttato li il nome di Vicenza e le reazioni sono state molto sorprendenti, in senso buono. Mi son resa conto che ci sono molte Italo Americane, donne che conoscevano Vicenza per via della Caserma Ederle, altre che avevano sentito di Vicenza da amiche. Insomma, ho un following che consiste 95% di donne e di questel 70% hanno piu di 40 anni. Finalmente con Italian Summer ho scritto della mia cittadina, ma il nome non lo dico mai per via delle cose che succedono, non vorrei offendere I Valdagnesi   perche io a Valdagno ci vengo spesso.  Pero’ nel libro parlo di Recoaro e Montecchio.

Se potessi esprimere tre desideri legati a Valdagno, quali sarebbero?
Che un miracolo riportasse un po di quella vitalità che c’era quando ero giovane, l’albergo Pasubio, il teatro Rivoli, la squadra di calcio…I lavoratori che uscivano dalle fabbriche a mezzogiorno. Be, almeno avete ancora l’hockey!!! Mi ricordo quando giocavano alla piscina scoperta.

Qual è la cosa che ti manca di più dell'Italia?
Le persone care, amici, parenti, e naturalmente il cibo. Polenta e baccala. Bigoli e il pan de Cocco (Maglio di Sopra?).
Questa è Maria Grazia da piccola a Valdagno!


lunedì 2 dicembre 2013

El Cinesin chiude


Mi dicono dalla regia che El Cinesi chiude.
Ci sono rimasta molto male.
El Cinesin che chiude è una di quelle cose che non immagineresti mai... ma che poi accadono, come ad esempio il divorzio di Al Bano e Romina Power oppure la morte di chissà che attore o personaggio pubblico tipo la Rita Levi Montalcini.
Io ho sempre abitato al Ponte dei Nori e la mia cartoleria era La Bertilla, quella c'è alla fine di Viale Regina Margherita.
Dopo di lei, quando sono andata alle medie, sono passata a comprare i libri dalla Ita Bevilacqua e adoravo andarli a ritirare in quella stanzetta fatta solo di scaffali di libri alti non so quanto.
Già che c'ero, tante volte andavo a fare incetta di penne dal Cinesin... tanto ero a due passi.
Non appena dentro si veniva assaliti da quel perfetto odore formato da carta stampata, matite a cui fare la punta e strumenti per il disegno tecnico.
Tutto sapeva di scuola lì dentro e mi regalava quella sensazione nostalgica che non saprei descrivere.
A scuola appena finita, a Giugno, andavo dal Cinesin alla prima occasione utile ... ovvero il primo venerdì di mercato libero dalla scuola.
Tra una vasca e l'altra mi fermavo lì per comprarmi la Smemo... che poi andava via come il pane e se non la compravi a giugno eri finito e ti toccava andare al liceo col diario coi gattini. Sia mai!
El Cinesin era una certezza.
Ho vissuto per pochi anni la presenza del vero "Cinesin", col suo grembiule nero e la sua competenza assoluta da saperti dire a occhi chiusi dove fossero le matite HB e dove quelle 2B.
Ho vissuto con intensità, invece, tutti quei giorni di dicembre in cui, anno dopo anno, andavo lì per chiedere se fosse pronto il calendario del CAI.
Ne compravo sempre due copie: una per me e una per mio fratello Davide.
Noi Malfiori (di stirpe Perin, però) siamo sempre stati dei grandi girovaghi e uno dei segnali di eterno incontro tra noi e Valdagno era aver appeso in casa quel benedetto calendario, ovunque noi fossimo.
Quando mi sono trasferita in Svizzera, ci pensava mia madre (la Bruna) a recuperare il calendario e spedirmelo. Per me era una certezza da osservare ogni mattina per ricordarmi chi fossi e da dove venissimi.
Sapere che El Cinesi chiude mi fa un po' male, anche se non vivo più lì a Valdagno.
Perchè se ne va un pezzo di storia del centro della città e un punto saldo per tutti noi.
Ho deciso che mi disegnerò una piantina con i negozi del centro e metterò un appunto tutte le volte che qualcosa cambierà.

Allora ciao Cinesin, fa buon viaggio e saluta la Rosy (che vendeva reggiseni in Piazza Roma), Silvello, il Disco D'Oro, la Ita Bevilacqua e tutti quelli che ormai sono relegati nel magico mondo dei ricordi.

mercoledì 27 novembre 2013

La Piscina Scoperta di Valdagno

Valdagno Piscina Scoperta
Piscina Scoperta di Valdagno - © 2013 Giovy

Oggi facciamo un viaggio nei ricordi, quelli di noi Valdagnesi dai 35 anni in su circa.
C'era una volta la Piscina Scoperta di Valdagno ed era uno di quei luoghi che metteva allegria, perché raccontava l'estate e raccoglieva i nostri sorrisi di ragazzi o bimbi che fossimo.
Ricordo un giorno in pieni anni '80 quando i miei si svegliarono presto e prepararono dei panini buonissimi. Avevamo un frigo portatile, di quello che ci mettevi dentro i "ghiacciolini" per tenere fresche le cose. Era color senape.
Mi sembrava di affrontare chissà che viaggio ma in realtà andavamo "solo" in piscina.
Adoravo quel luogo perché non odorava di cloro come la piscina coperta.
Appena entravi venivi investito dall'odore delle pizzette del Bar Lido che, come tutto l'ambiente della piscina, faceva davvero tanta estate.
Fatto il biglietto della piscina e una volta entrati, sulla sinistra, c'era quella stanza che io chiamavo semplicemente "gli spruzzi".
Li ci si andava per giocare perché tu entravi, passavi su di una pedana che, grazie al cambio di peso, attivava degli spruzzi laterali che ti facevano una doccia pazzesca.
Il gioco era resistere il più vicino possibile al getto d'acqua.
E poi c'era la piscina, quella grande, dove se entravi al mattino presto l'acqua era sempre fredda freddissima.
Della piscina scoperta di Valdagno era imperdibile quella vaschetta per i piedi che contornava tutta la vasca. Nelle ultime ore della sera era impraticabile.
Una cosa indimenticabile era la ghiaia dove ci si stendeva a prendere il sole.
I più fighi andavano su "in terrazza", ovvero sul tetto.
Lì ci potevi trovare le compagnie dei ragazzi giovani ed io ero ancora una bimba e non ero ammessa in quell'Olimpo.
Quella piscina era un gran bel mondo ed era il rifugio giusto per andare a trascorrere i giorni d'estate con spensieratezza e tanta voglia di stare bene.
Era vicina, ci andavi in bici, in motorino, a piedi.
Era di Valdagno, dei Valdagnesi e lì dentro ci siamo conosciuti, scornati, amati, odiati, abbiamo riso e abbiamo pianto.
Una delle cose che non dimenticherò mai erano quelle piastrelline a mosaico che rivestivano la vasca.
Puntualmente se ne staccava qualcuna.
Sembravano delle piccole caramelle all'anice che rivestivano un mondo che ora, purtroppo, ha solo la parvenza di un grande dinosauro in gabbia.
Attende la libertà oppure la propria morte.

giovedì 21 novembre 2013

Il vecchio campo da calcio dell'Oratorio Don Bosco

Dal sito del teatro di Verona 

Dove oggi c’è il piazzale asfaltato per il parcheggio delle vetture dentro al cortile dell’Oratorio di Valdagno, che viene particolarmente sfruttato per la sosta quasi selvaggia delle vetture nelle mattinate del mercato del Venerdì mattina, una volta c’era un campo da calcio.
Un’immagine della Piastra Polifunzionale dell’Oratorio Don Bosco di Valdagno, tratta dal sito Internet del Comune http://www.comune.valdagno.vi.it, alla sezione “Impianti sportivi”.
Impensabile ai più, eppure era proprio così.
Il campo da calcio iniziava proprio a ridosso della rete della Piastra(utilizzata al tempo per le partite di basket e di pallavolo), lasciando uno spazio minimo necessario a far passare quelle persone che si dovevano recare al bar o in sede Scout, e da lì si estendeva per tutta la lunghezza del piazzale asfaltato davanti allo stabile del Cinema Super, fino alla mura delle abitazioni in direzione sud, giù in fondo.

C’erano due porte, quella dalla parte del bar che era ben più grande rispetto all’altra (aspetto particolarmente rilevante per i tornei estivi, per scegliere il campo più vantaggioso quando si fa testa o croce ad inizio partita) e, altra cosa non di poco conto, una rientranza di circa mezzo metro all’altezza degli scalini che scendono verso il marciapiede posto in prossimità dell’ex strada Statale 246, che coincideva con la riga del fallo laterale del campo: in pratica qui serviva un dribbling verso il centro del campo per evitare di finire involontariamente contro la cancellata, e magari veder sfumare una bella azione di contropiede per cause…..diciamo così….. indipendenti dai giocatori in campo. Guai se c’erano macchine in mezzo al piazzale quando erano in programma incontri di calcio di Sabato o Domenica; ricordo addirittura sollevamenti delle auto da parte di robusti giocatori (3 /4 per parte) per portarle a piccoli sforzi fuori dalle righe del campo. Oggi penso succederebbe il contrario, ma forse neanche se ne parlerebbe di organizzare una partita dove sostano le vetture, coi pochi spazi disponibili in centro e l’aumento dei mezzi a motore no c’è più posto lì intorno!
E ancora, come se non bastasse, in mezzo al campo di gioco non potevano mancare i tombini per o scolo delle acque meteoriche e relativi avvallamenti per facilitare il compluvio dell’acqua al loro interno nelle giornate di pioggia: anche questo era un aspetto non di poco conto per i portieri, che potevano vedersi costretti a parate impreviste a causa di imprevedibili variazioni delle traiettorie della palla, per l’impatto al suolo con uno di questi manufatti. Durante i tornei estivi, ai quali assistevano spesso anche amici e conoscenti dei giocatori dalla scalinata d’ingresso al Cinema Super, poteva anche capitare che il pallone da calcio finisse involontariamente in Statale, o addirittura nei poggioli delle abitazioni di fronte: e qui non mancava occasione che il povero sfortunato che abitava lì uscisse e iniziasse ad imprecare, e non era così scontato che il pallone fosse restituito per riprendere l’incontro.
Gli spogliatoi per cambiarsi ad inizio e fine partita erano (e forse lo sono ancora) negli interrati del Cinema Super: qui serviva porre attenzione nel caso ci fossero in corso spettacoli teatrali o film, perché un’esultanza in più per la vittoria di un incontro o del torneo estivo poteva riecheggiare all’interno del Cinema stesso, con conseguenti lamentele di chi assisteva alle scene teatrali o cinematografiche.
Quante “sbrojade” alle ginocchia a giocare nell’asfalto, bei tempi!

@massimin74

martedì 19 novembre 2013

A Contrà Lago


Oggi vi voglio parlare di un libro che, come nella migliore tradizione dei libri più belli, mi è stato prestato. Si chiama "A Contrà Lago" ed è stato scritto da un signore vicentino che si chiama Franco Tosin.
Racconta le vicende del Signor Tosin e della sua famiglia che, sfollata da Vicenza a causa dei bombardamenti, dal 1943 al 1945 si rifugerà a Contrà Lago a Castelvecchio.
Contrà Lago per me è sempre stato un posto molto bello.
Non appena arrivavo alla strettoia (rappresentata anche sulla copertina del libro) che preannunci l'arrivo a Castelvecchio tiravo sempre un sospiro di sollievo. Non so perché.
In ogni caso, per il Signor Tosin dovette tirare ben più di un sospiro quando arrivò lì, ancora bimbo, per trovare un po' di pace.
La contrada, in quegli anni, era davvero un piccolo microcosmo e questo traspare benissimo dalle parole di Franco Tosin.
Parole come accoglienza, familiarità, sicurezza, tranquillità sono quelle che riecheggiano maggiormente e mi hanno fatto molto pensare.
Castelvecchio per me è sempre stato un luogo da raggiungere per stare bene.
Lì andavo a studiare, rilassarmi, leggere, pensare, recuperare le forze.
I giorni che ho passato lì per la Festa d'Autunno sono stati un toccasana.
Ieri sera, mentre finivo questo piccolo libretto, pensavo a quanto può cambiare la percezione di un territorio a seconda del periodo in cui lo si vive.
Leggendo, cercavo di immaginarmi le SS arrivare a Montalbieri o i partigiani scendere da Marana.
Le parole del Signor Tosin mi hanno fatto proprio bene perché hanno ben saputo raccontare un'epoca che poco ancora raccontano con gli occhi di quando erano bimbi.
In questo libricino si trova tutta l'essenza di quello che ancora oggi andrebbe valorizzato e sfruttato (in senso positivo) nel nostro territorio: la storia, la gente, l'atmosfera, l'accoglienza.
E' bello leggere di qualcuno che è stato davvero bene a casa nostra.
Farebbe piacere che la cosa si perpetuasse ancora oggi.

Leggetelo!
Franco Tosin
A Contrà Lago
Storie vissute negli anni 1943-45

giovedì 14 novembre 2013

Villa Tonello: non è possibile!

Recoaro Terme Villa Tonello

Allora, oggi l'Anguana ha il mal di pancia.
E' da ieri che penso a Villa Tonello di Recoaro.
Ci penso perché non so quante volte sono passata da quelle parti e mi sono detta "quanta Art Déco a Recoaro". Ci penso perché sapevo dell'appello e mi sono un po' informata e mi viene sempre di più mal di pancia. E anche l'orticaria.
E' possibile che succeda questo?
E con questo intendo quello che si vede nella foto successiva.

Allora, giochiamo a trovare le differenze tra le due foto? Escludiamo il cielo azzurro però, altrimenti è troppo facile.
Quando si è davanti ad un problema o ad una situazione difficile è sempre bene concentrarsi sul trovare la soluzione piuttosto che parlare di responsabilità ed errori.
In questo caso proprio non ce la faccio e mi domando a chi dobbiamo lo scempio di tutto questo.
Chi doveva pensare a tener in piedi un gioiello dell'inizio del secolo scorso?
"Tanto, cosa vuto che sia... non i ghin faseva ninte de quela casa là"
Eh no gente... non è così che la si deve pensare.
Quella villa, Villa Tonello, siamo tutti noi.
Tutti noi siamo allo specchio e in quello scempio ci possiamo vedere anni di amministrazioni sbagliate o chissà di frasi come "tanto, chi vuoi che venga dalle nostre parti... i turisiti??"
Che sia Valdagno o Recoaro poco importa: è la Valle che perde le sue ricchezze e la sua possibilità di essere conosciuta come si deve.
Se 10 anni fa un piano di comunicazione turistica costava non so quanti milioni, oggi ce la si può fare con poco: ci vuole professionalità (e non volontariato e basta), decisione e voglia di fare.
E quando c'è questo, si trova anche il modo per far sì che certe cose belle non finiscano nel dimenticatoio come Villa Tonello e chissà quanti altri palazzi dello stesso periodo presenti a Recoaro e Dintorni.
L'essere umano è bravissimo a distruggere ciò che di più bello ha e ci vuole una sola grande azione: l'incuria. Essa distrugge la natura, le città, le idee, assale come una vipera ciò che di bello abbiamo.

Ora, grazie all'incuria di non so chi, questa villa avrà bisogno di tanti soldi per essere rimessa a posto.
La domanda è: perché dobbiamo sempre arrivare a questi punti ... e oltre, visto che non si sa se si potrà mai recuperare un edificio del genere?

Per una buona volta dovremmo lasciare stare perdere di che parte politica siamo.
Per una buona volta dovremmo cominciare a pensare al nostro territorio... già, perchè è Nostro!
Quale sarà il prossimo edificio a finire in quelle condizioni lì?
Magari, qualche palazzo in centro a Valdagno, che dite?

Io non ho formule magiche per far sì che i fondi arrivino in 2 minuti ma una cosa ve la butto lì.
E se mettessimo 1€ a testa per fare un piccolo fondo che aiuti a coprire qualche spesa di valorizzazione del nostro territorio?
Chiamiamolo "Un caffé per la mia Valle".
Secondo voi può funzionare?

Photo Credit: I Love Valdagno e ViviRecoaroTerme.it

martedì 12 novembre 2013

Intervista a Marco Lora

Intervista a Marco Lora

E' tempo di una nuova storia per Anguana Inside e per l'Anguana che sono io ... dato che stamattina sono più spettinata e stropicciata del solito.
Questo blog vuole raccontare la storia e le storie della nostra valle e tutto ciò è fatto di persone.
Cominciamo quindi con un po' di interviste molto semplici.

La prima persona ad essere intervistata è Marco Lora che ho "incontrato" in rete per caso quando mi è capitato davanti agli occhi il suo video in time lapse su Campogrosso.
Quel video è diventato la copertina di un mio post sulla potenzialità delle nostre montagne.
Ecco a voi Marco Lora!


Chi è Marco? Raccontati in poche righe
Sono uno dei tanti italiani che vive all’estero, faccio il web designer con un’attività propria a San Diego in California e sono sposato con Lucia, anche lei una vicentina.


Da dove nasce la tua voglia di creare questi video splendidi?
Professionalmente provengo dal mondo della grafica tradizionale.
In Italia lavoravo con studi grafici e aziende nel settore della stampa. Raggiunti gli States, ho cominciato a frequentare corsi di grafica digitale e video editing, qui la chiamano Digital Art, da li i primi lavori per alcuni piccoli clienti, poi il passaparola ha fatto il resto e da qualche anno è diventato il mio lavoro.


Cosa pensi della nostra valle?
Ci sono tornato ad Ottobre di quest’anno con l’occasione delle visite ai miei clienti Italiani.
Penso che nonostante il disastro della crisi italiana, sia un territorio che ha un grande potenziale per riemergere, ci sono strutture specialmente a Valdagno e Recoaro, che hanno solo bisogno di essere riattivate o convertite. Il vero problema non sono i costi, ma la mancanza di idee, gli egoismi e la diffidenza verso il cambiamento.

Quando sono tornato a Valdagno, ho avuto l’occasione di incontrare alcune persone impegnate in diversi settori sociali: politico, imprenditoriale, culturale e sportivo.
Ho parlato con loro di alcune mie idee nate grazie alla mia esperienza negli Stati Uniti e su come sia possibile attuarle nel nostro territorio. Non credo in chi afferma che la valle soffra del suo isolamento geografico, non ha più senso credere che sia ancora così.
Le autostrade oggi sono digitali e sapendole percorrere, portano a farti conoscere in tutti gli angoli del mondo.


La Valle dell'Agno come meta di turismo, non solo nostrano. Ci riusciremo?
Quando parlavo di strutture esistenti da riattivare o convertire, in parte mi riferivo anche a questo, poi bisogna far conoscere al mondo i nostri gioielli.
Nel caso del video “Dolomia” per esempio, ho inserito una didascalia in lingua inglese che spiega come raggiungere i luoghi visti nel filmato. Il video attraverso i vari canali della rete, è già stato visto fin’ora in più di 20 paesi nel mondo. Questo è solo uno degli esempi di come si potrebbe promuovere la nostra valle.


Esprimi un desiderio legato al nostro territorio.
Il desiderio è quello di poter vedere un giorno non lontano fermento e dinamismo nel nostro territorio, i presupposti ci sono tutti. Non dobbiamo sperare che qualcuno faccia finire la crisi e che questo porti dei benefici per la nostra valle, i cambiamenti nascono con il contributo di tutti. Solo noi che conosciamo la storia e le dinamiche di questi luoghi, possiamo essere arteficidi uno sviluppo. Sono convinto che l’intera valle potrebbe diventare un’ esempio da seguire anche per altre realtà.


Marco citava il video "Dolomia": eccolo qui per voi!
Grazie Marco per aver accettato di far parte di questo mondo chiamato Anguana Inside.



Dolomia 45°43′31″Nord 11°07′45″East from Marco Lora on Vimeo.

giovedì 7 novembre 2013

Il Poggio Miravalle


La strada che si vede proseguire diritta nella
foto di uno dei miei precedenti articoli conduce al Poggio Miravalle. Per arrivarci ci si "immerge" prima in un bellissimo bosco che è particolarmente verde durante il periodo primaverile e, dopo aver preso la sinistra nell’unico bivio che si incontra salendo verso il monte, si arriva al rettilineo finale, che porta sul posto.

Una foto della strada verso il Poggio tratta dal gruppo "I love Valdagno" su Facebook

Poco prima parte, sulla destra, una stradina bianca in mezzo al bosco che va verso il Castello, altra frazione sui colli valdagnesi. Questo breve collegamento non è percorribile con vetture, ma solo a piedi o in mountain bike.

Oggi purtroppo il Poggio Miravalle è inaccessibile, perché Matteo Marzotto si sta costruendo una residenza; un vero peccato, perché dall'ampia terrazza di lassù si può ammirare un panorama elegante e incantevole della Città di Valdagno.
Ma del resto la proprietà è sempre stata della famiglia Marzotto, nonostante in passato il locale che si trova davanti alla terrazza sia stato sotto varie gestioni Bar, Pizzeria e discoteca estiva; la spaziosa terrazza viene oggi utilizzata come piattaforma per l’atterraggio dell’elicottero che porta i Marzotto nella loro Città. Il Poggio può essere raggiunto anche a piedi da un sentiero che sale prendendo la strada di sinistra appena passata la fontana dei Carmini; qui appunto, dopo che la stessa strada finisce, parte un percorso nel bosco che costeggia le mura di Villa Serena e arriva in cima proprio a fianco del Poggio, dopo una breve scalinata.
In passato il tratto finale di questo sentiero era luogo per raccolte di castagne, nel periodo autunnale.
Tuttavia uno degli aneddoti più belli è quello che si racconta tra le persone più anziane che ancora vivono ai Carmini: durante la Seconda Guerra Mondiale all’interno della proprietà di Villa Serena vivevano alcuni alti rappresentati delle truppe tedesche (tra cui un ufficiale che dagli abitanti del posto veniva soprannominato "Caramella" per una vistosa benda nera tenuta in un occhio – non so che nesso ci fosse tra le due cose).
I ragazzi dei Carmini ebbero il coraggio di andare al di là delle mura che separano Villa Serena dal bosco e rubarono ai tedeschi una scatola di marmellata.
Tutti contenti se ne mangiarono una parte con le mani ma poi, essendo troppa, la nascosero nella valle che c’è in fondo al bosco, nel versante lungo la strada che conduce al Poggio; il giorno dopo tornarono per mangiarne ancora un po’, ma vi trovarono una montagna di formiche sopra la scatola!


E allora….via le formiche e avanti a mangiare quella marmellata tedesca…..era fame!

@massimin74

martedì 5 novembre 2013

Si torna e si ringrazia

Valdagno Alto Vicentino
Foto © 2013 Giovy
Sono a casa, a Carpi, da ieri pomeriggio.
Andare via da Valdagno, ieri, è stato davvero difficile.
Sembrava che anche il cielo volesse sottolineare questa difficoltà con tutta quella pioggia che scendeva copiosa, nuvola dopo nuvola.
I ritorni sono sempre una cosa ardua da affrontare: l'ho raccontato anche sul mio blog di viaggi non molto tempo fa.
Oggi non posso fare a meno di pensare a tutto ciò che ho visto nei giorni scorsi.
Mi sono resa conto che la mia Valdagno è sempre uguale, sotto un certo punto di vista.
Allo stesso tempo, la mia città è diversa, matura, cresciuta e piena di voglia di fare.
Questo argento vivo è sempre stato sepolto non so dove.
Nei giorni scorsi, durante la Festa D'Autunno, ho rivisto sorrisi, entusiasmo, voglia di stare assieme e tanta voglia di aprire le finestre e raccontare un mondo che, finora, è stato conosciuto solo da chi abitava lì da anni e anni.
Valdagno è come la foto che ho messo qui, in testa al post.
Una valle nascosta dalle nuvole di una timidezza che spesso si tinge quasi di finta svogliatezza.
E' come se fosse un'adolescente paurosa di far conoscere il proprio grande valore.
Proprio come nella foto, ogni tanto arrivano sole e vento e mostrano i colori brillanti del suo carattere.
Mettono in primo piano la voglia di fare e la voglia di essere e sentirsi importanti.
E' proprio per questo che ringrazio tutti con un grande sorriso.
Ringrazio la Provaldagno che ci ha permesso di essere parte di questa grande avventura.
Ringrazio il meteo che "ga tegnù bota", come si dice da quelle parti.
Ringrazio tutti i gusti che ho potuto assaggiare di nuovo: bigoli con l'arna, polenta e fasoi, fritole con la maresina. Mi sono sentita una piccola grande Proust con mille Madeleine attorno.
Ringrazio gli amici che sono passati per un sorriso e un abbraccio stritolante.
Ringrazio l'eterna voglia di fare festa.
Ringrazio chi è venuto a confidarsi, dandomi la possibilità di dire "Vai via... vedrai come sarà bello quando tornerai".
Ringrazio i ragazzi di Radio EUreka e la loro genuinità.
Ringrazio l'Albergo Alpestre perché era una vita che non passavo così tanto tempo a Castelvecchio.
Ringrazio le ragazze in stage e la loro Prof: avete fatto una gran bella esperienza.
Ringrazio i gruppi di V Factor perché mi hanno fatto capire che ci sono tante energie nuove pronte a scendere in campo.

Questa Festa D'Autunno ha segnato un piccolo grande passo.
E' stata una sorta di iniziazione: come quando ci si sveglia bimbi e si va a dormire facendo parte del mondo degli adulti.

domenica 3 novembre 2013

Valdagno e Prien: città gemelle

Prien e Valdagno
Foto © Giovy
Valdagno e Prien am Chiemsee sono gemellate da tanti anni.
La Provaldagno lo sa bene e anch'io.
Ho già scritto qualcosa a riguardo sul mio blog di viaggi, dove ho raccontato delle mille peripezie vissute prima di arrivare a gustarmi la bellezza dell'Alta Baviera.
I gemellaggi sono sempre qualcosa di misterioso: non si capisce se nascano per far felici i comuni, le scuole, le associazioni o chissà che cosa.
Quando Valdagno si gemellò con Prien io mi illuminai d'immenso.
Ero alle medie, parlavo tedesco già da un po' e già mi vedevo a fare la spola tra Valdagno e la Baviera, dove mi sarei costruita sicuramente un fantastico futuro in non so che modo.
Devo essere sincera: non è andata proprio come sognavo.
In questi giorni, durante la Festa d'Autunno, gli amici di Prien am Chiemsee sono qui a Valdagno con un loro stand.
Offrono della gran birra bavarese molto buona e un piatto di Wurst und Sauerkraut davvero speciale!
Non vi nascondo che sto cenando lì negli ultimi tre giorni.
Mi piace andare a salutarli perché vedo in loro la cordialità della Baviera che ho sempre conosciuto.
Sono sorridenti e genuini e questo mi piace da matti.
E' proprio la genuinità di Prien che la rende città gemella della mia Valdagno.
In un gemellaggio si cerca spesso il tratto comune e, a mio avviso, essere genuini è quello che unisce Prien e Valdagno.
Ieri, mentre stavo chiacchierando con loro, mi è stato regalato un cuore con i nomi delle due città.
E' proprio quello che vedete qui sopra.
Sono passati quasi 20 da quei momenti in cui facevo i miei piccoli grandi sogni di valdagnese gemellata con un paesino della Baviera ma ora posso dire di aver sentito in modo concreto lo spirito del gemellaggio.
Ieri abbiamo pranzato tutti assieme, con un bel piatto di bigoli con l'arna e tanti sorrisi.
Ogni tanto partiva un "Ein Prosit" e si alzavano i calici per brindare ad un intesa rinata.
Non so voi, ma io vorrei proprio essere parte di questo spirito del gemellaggio.
Mi piacerebbe raccontare Prien am Chiemsee proprio come sto raccontando la mia Valdagno.
Una volta un'amica mi disse che ci sono luoghi che non ti togli più dal cuore.
Io dico che ci sono anche momenti così.
Ieri, nella sua semplicità e normalità, è stato uno di quei momenti.
Una foto, un brindisi, due città ma un solo grande cuore ... Weiss und Blau, natuerlich!

sabato 2 novembre 2013

Valdagno, so far...

Valdagno Alto Vicentino
La mia Valle - © 2013 Giovy
Essere qui, nella mia Valle, mi fa strano.
Più che altro è strano essere qui per così tanti giorni.
Ieri ho guardato la mia Valle dall'alto e mi è sembrata, come sempre, tanto bella.
Nel pomeriggio sono scesa in centro per la Festa d'Autunno.
Io e Gian stiamo cercando di raccontarla sui social, sui nostri blog attraverso parole e foto.
Mi piace essere qui al servizio della mia Valdagno.
In piazza ieri c'era il mondo e non mi sono stupita della cosa.
Restando per un po' al punto informativo della ProValdagno, vedevo tante persone passare e, dentro la mia mente, si componevano pezzi della loro storia.
Io sono "fuori dal giro" da oltre 10 anni ormai... insomma, non vivo più qui da molto.
Ma ho una memoria pazzesca.
Spesso ieri mi sorprendevo nell'osservare ex colleghi di lavoro, persone con le quali avevo fatto qualche festa o qualche cena e vedevo la loro vita, il loro essere diventati "grandi".
Quando qualcuno mi riconosce crede di aver visto un fantasma ma io sorrido e scherzo sempre.
Ieri mi sono resa conto di una parte della mia Valdagno che è andata avanti.
Quello che non è cambiato è il momento di Festa.
La Festa d'Autunno esiste da 24 anni e da tutto questo tempo è calamita per tutta la cittadinanza.
Ieri sera i tavoli erano tutti pieni e il mio cuore gioiva.
Mentre succedeva questo, la mia mente si faceva la consueta domanda: ma tutta sta gente, nel resto dell'anno ... dov'è?
Questa è davvero una tipica domanda da Valdagnese e questo mi aiuta a capire quanto io sia ancora dentro a tutto questo grande mondo made in Vallata dell'Agno.
La Provaldagno si sta davvero dando da fare per regalare alla città dei momenti d'aggregazione importanti.
Mi piacerebbe davvero che si cominciasse a capire il valore di questo lavoro e si iniziasse a vedere la Festa d'Autunno non più solo come un momento per far festa ma anche come un momento per guardarsi in faccia e dire "Caspita, Valdagno è anche questo, Valdagno sono io".

Oggi sarà un'altra giornatona per la Festa: tra amici di Prien e formaggi con la Maresina ne vedremo (e gusteremo) delle belle!

venerdì 1 novembre 2013

Da Città Sociale a Città Social

Città Sociale Casa dei Balilla
Foto di © Gianluca Vecchi
Oggi sto riflettendo un po' perché, ci pensavo proprio prima, non mi capitava di passare così tanto tempo a Valdagno davvero da anni.
Ieri ero con Gian in giro per la città Sociale perché gli avevo raccontato mille volte di questo luogo mitico e sospeso nel tempo ma mai ci eravamo fermati ad esplorarlo assieme.
Shame on me! Non sono stata una gran guida turistica nelle precedenti visite qui a Valdagno City.
Ieri pensavo molto all'importanza che questa Città Sociale ricopre per il territorio Italiano.
Io ho girato un sacco e proprio poche settimane fa ero a Roma.
Mi sono presa la briga di ricercare se ci fosse un altro luogo così razionalista come la Città Sociale.
Nemmeno l'EUR la eguaglia nella sua bellezza e importanza architettonica.
Ciò che stupisce di questo luogo è la sua totale funzionalità e operatività.
La Città Sociale è nata per essere messa al servizio della gente di Valdagno e non per essere ammirata.
Ancora oggi questi palazzi servono, vengono usati, adempiono alle funzioni per le quali erano stati pensati ed io ritengo che tutto ciò sia meraviglioso.
Valdagno, non mi stancherò mai di dirlo, è uno di quei luoghi che cominci ad amare molto quando te ne sei andato via. Per me è stato così, ma non sono l'unico caso.
Ieri, camminando per le vie d'Oltre Agno, c'era un altro pensiero che mi frullava nel cervellino.
La parola Sociale fa correre subito alla ben più nota e contemporanea (nonché abusata) parola Social.
Chiacchierando con le ragazze del Liceo G.G. Trissimo, che fanno lo stage proprio a servizio di Provaldagno e della Festa d'Autunno, ho percepito una grande incertezza nell'essere Social nel modo giusto.
Valdagno è una città Sociale ma poco Social.
Valdagno si racconta poco in rete, quasi come fosse una timida ragazza che non vuole aprire i balconi per vedere il mondo.
Valdagno si crede noiosa e poco attraente e per questo si mostra poco.
In una cittadina come questa dove, grazie al Cielo, il Wi-Fi si trova in vari luoghi e funziona bene ... perché non lanciarsi nel condividere quanto di buono c'è?
Perché non farsi un giro in Favorita e twittare la foto di un bellissimo albero pieno di colori autunnali?
Perché non trovarsi in piazza e, invece di pubblicare su Facebook l'ennesima foto di uno Spritz, non cogliamo con i nostri smartphone il particolare di una corte o di un edificio del centro storico?
La bellezza, gente, è dove meno ce l'aspettiamo.
Raccontarsi è un qualcosa di bellissimo e "nobilita" l'uso dei Social Network, scostandolo dall'essere solo un qualcosa che, a detta di molti, fa perdere tempo.
Che ne pensate del fatto di rendere un po' più Social la Città Sociale (e non solo)?

In tutto ciò concludo dicendo e ringraziando chi (come I Love Valdagno) condivide e mette in rete ciò che di più bello la nostra Valdagno ha.

mercoledì 30 ottobre 2013

Eureka! Anzi, Radio EUreka!

Valdagno Radio EUreka

C'è una sola parola di greco che comunemente la gente sa, dopo kalispera e kalimera: questa parola è Eureka e dobbiamo tutto al filosofo Archimede e alla sua voglia di farsi dei gran lunghi bagni.
Si vede che era felice di essere pulito!
Storia, Matematica e Filosofia a parte, Eureka è una parola che attualmente richiama alla mente anche altro: la forza e la grandiosità di chi crede in progetti nuovi, portati avanti nel proprio territorio per quel territorio che viene raccontato.
E' così che nasce l'idea di Radio EUreka, dove la EU sono maiuscole perché la radio nasce anche grazie ad un finanziamento dell'Unione Europea.
Si tratta di una web radio che, come indicato sul loro sito, da idea è passata ad essere un contenitore di idee e trovo che questo sia una cosa grandiosa.
In un periodo in cui leggiamo tutti i giorni di imprese che chiudono e di idee che soccombono, sapere che c'è qualcuno che si sforza di continuare a credere nei suoi immensi sogni è proprio energia pura per me. Mi piace sempre dare del grosso merito a chi ci mette cuore, testa, ingegno e tanta speranza e i ragazzi di Radio EUreka stanno proprio facendo questo.
Stanno dimostrando che rimboccandosi le maniche e tenendo ben oliati gli ingranaggi del nostro cervello le cose accadono... o possiamo farle accadere noi.

Proprio in occasione della Festa d'Autunno, i ragazzi di Radio EUreka saranno in giro per la Piazza per raccogliere lo spirito di questa festa e le voci di tutti coloro vorranno dire qualcosa.
Io non vedo l'ora di incontrarli dal vivo per dire loro che sono bravi e che hanno tutta la mia stima.

Una sola domanda a Giulio Centomo, co-fondadore di questo progetto assieme a Marco Massignani.

Perché è nata Radio EUreka?

"Mi verrebbe da risponderti "Perchè ValdagnoSiamoNoi".
Per essere più precisi è stata un'idea comune che dallo scontro di due teste è divenuta realtà (e le teste sono divenute ben di più in seguito per fortuna, grazie a Ilaria, Benedetta, Fabio, Laura, Elisa, Andrea e Francesco), ma alla base vi è stato un ragionamento molto semplice. Se anche noi ci arrendiamo al disfattismo della crisi siamo finiti, non ci resta che farci su le maniche e magari dimostrare a tutti che con un po' di duro lavoro, pazienza e tanta fede siamo in grado di mettere in crisi il concetto di crisi.

lunedì 28 ottobre 2013

E che Festa d'Autunno sia!



Programma Festa D'autunno Valdagno

Ebbene, mancano pochi giorni.
Valdagno si sta agghindando come una ragazza che aspetta la serata giusta per ballare e sorridere come mai ha fatto prima.
La Festa inizierà Mercoledì 30 Ottobre con un avvenimento molto importante: la Cena per Soci (e non) della Provaldagno.
Questo sì che sarà un momento da #ValdagnoSonoIo.
Fare parte di un'associazione come la Provaldagno vuol dire aver voglia di fare qualcosa per la città.
Vuol dire credere che Valdagno abbia del potenziale.
Che siate soci o no, l'appuntamento è alle 19.30 in quel della Piazza del Campanile.
Io e Gian saremo là perché momenti così vanno vissuti e condivisi, anche in Rete.
Ovviamente usando #ValdagnoSonoIo.
Voi l'avete già fatto?
Ecco qui qualche esempio da Twitter

Twitter #ValdagnoSonoIo


E anche da Facebook
Facebook #ValdagnoSonoIo


Continuate a raccontarvi e... ci vediamo in piazza!

venerdì 25 ottobre 2013

#ValdagnoSonoIo

#ValdagnoSonoIo
Ah che giornate!
E quanti pensieri su Valdagno viaggiano dentro la mia mente.
La sapete una cosa?
Quando sono andata via, oltre 10 anni fa, tornavo a casa ogni tanto e, al momento di ripartire, c'era un momento che avrei difeso coi denti.
Passata la zona industriale, appena fatta la rotonda che da un lato si va alla Piana e, andando dritti, porta alla Destra Agno io guardavo inevitabilmente dallo specchietto e vedevo i Monti.
Marana, Monte Falcone, Il Pasubio e tutte le colline attorno a Valdagno.
E così mi venivan su i lacrimoni e piangevo praticamente fino a Montecchio.
Quella visione per me era la mia casa, a mia terra, il contorno di tutto ciò che ero stata e quella sorta di radice forte che mi legava alla mia Valdagno.
Pur non tornando spesso, pur vivendo mille vite da cento parti diverse quella radice è sempre rimasta lì e, al momento giusto, ha buttato i suoi germogli.
Ora sono il quella fase in cui coltivo tutta quella bella terra che è dentro di me.
Ora è giusto dire #ValdagnoSonoIo.
Tra pochi giorni parte la festa d'Autunno ed io ci sarò.
Con me ci sarà Gian, il mio compagno, ottimo fotografo e blogger... colui che ha creato l'hashtag che vi sto presentando oggi.
Abbiamo pensato, in appoggio alla ProValdagno (che ringraziamo) di raccontare la Città in uno dei suoi momenti di festa.
Navigando in rete ci siamo resi conto che Valdagno è un po' nascosta.
I risultati che saltano fuori da quel pentolone pazzesco di Google sono davvero tanti ma è il caso di renderli ancora di più.
Ecco come nasce #ValdagnoSonoIo.
In occasione della Festa d'Autunno chiedo a tutti coloro in possesso di un po' di internet nella vita di raccontare qualcosa su Facebook, Twitter o qualsiasi altro mezzo.
Raccontate cos'è Valdagno per voi e cosa siete voi per Valdagno e con Valdagno.
Riempite la rete di #IoSonoValdagno e raccontiamo la nostra cara valle, facciamola conoscere, parliamone e incuriosiamo chi non ci è mai stato.

Partiamo fin da oggi e andiamo avanti fino al 3 Novembre.
Dimostriamo che la Valdagno 2.0 è viva e presente in questo immenso mondo di Internet.

Comincio io #IoSonoValdagno... perché qui sono nata e qui mi sento viva, anche se spesso ha criticato questo luogo.
Voi cosa mi raccontate?

mercoledì 23 ottobre 2013

E poi arrivò il D.A.M.

Foto da La Storia di Valdagno
Quando penso al D.A.M., ovvero Dopolavoro Aziendale Marzotto, mi vengono in mente essenzialmente due cose: gli anni '80 quando si diceva che il DAM non era tanto ben frequentato e, sempre nello stesso periodo, gli ultimi veglioni organizzati lì dentro.
Il DAM (lo scrivo senza puntini, così... in amicizia) è uno di quei mitici luoghi Valdagnesi facenti parte di quella che è denominata Città Sociale.
Questa parte di Valdagno è identificata con la riva sinistra dell'Agno... insomma la xe la Rive Gauche de casa nostra. Ghe xe mia solo Parigi a avere 'na riva sinistra, no?
Anyway, questo luogo per me è sempre stato un po' distante perché io vivevo da tutt'altra parte della città e, se non fosse stato per i corsi di nuoto fatti alle Elementari io non avrei avuto motivo, fino alle medie, di venire da questa parte del mondo Valdagnese.
Il DAM è nato in pieni anni '30 col sorgere della Città Sociale per pensiero dei Marzotto e opera di quell'uomo controverso che era Bonfanti, architetto chiave del Ventennio.
DAM sta per Dopolavoro Aziendale Marzotto e venne costruito proprio per i lavoratori del lanificio.
Mia mamma, la Bruna, me ne ha sempre raccontate tante di storie su questo posto e di com'era durante la fine degli anni '60, quando lei ci veniva a ballare e le feste qui dentro erano proprio quelle da non perdere per nulla al mondo.
L'eco di questo mondo arrivò fino agli anni '80 quando anche la sottoscritta venne ammessa ad un veglione (come fa vintage questa parola) del DAM per Capodanno.
Avevo un vestito grigio con dei fiorellini rosa ricamani.
Sarà stato il capodanno tra il 1982 e 1il 1983.
Ricordo i tavoli rotondi, l'orchestra e tutte le stelle filanti in giro per la sala.
Ricordo che mi divertii molto e che quelle sensazioni tornano sulla mia pelle proprio ora che vi scrivo com'era andata quella sera.
Anni dopo girava voce che al DAM ci fosse brutta gente.
Più che brutta gente, si diceva che al DAM girasse brutta roba.
E fin qui ci siamo spiegati.
Io non so se fosse vero o no; ero piccola e certi discorsi erano davvero molto distanti dal mio mondo.
Quello che so è che ogni tanto andavo in piscina e, uscendo, guardavo quelle vetrate dalle quali si intravedeva in pieno la zona dei tavoli da biliardo.
Ora non so come se la passi il nostro DAM.
Quello che so è che si tratta di una pietra miliare di Valdagno e della sua Storia.
Si sa mai... ma mi piacerebbe fosse teatro di una mostra che racconta di quegli anni passati, di quelli in cui i grandi complessi suonavano nella nostra città e le signore si agghindavano come non mai e sembravano bellissime. E lo erano.
Proprio come la mia mamma.

PS: grazie per il libro sulla Città Sociale. E' uno spettacolo e sono felice di portelo leggere.
La giovy scrive
Eccomi al lavoro su questo post

lunedì 21 ottobre 2013

Una storia nella Storia: il Rivoli

Rivoli Valdagno

Nei giorni scorsi sono tornata a Valdagno e la cosa mi ha fatto molto piacere.
Avevo un sacco di cose da fare e mille persone da vedere ma sono riuscita a prendermi due minuti per passare dalle parti del Rivoli.
Ho fotografato l'edificio com'è adesso.
Oggi, riguardando le foto, mi sono detta che quelle immagini avevano poco senso... prima era necessario raccontare una storia (s minuscola) nella Storia (maiuscola): quella di questo teatro.
La Storia con la S "maggiore" (come la chiamava Guzzanti, in uno dei suoi programmi) è quella mastodontica dell'umanità. Non sarebbe maggiore se non fosse composta da piccole storie con la S minuscola, veri e propri tasselli della vita di ogni luogo.
Il Rivoli mi ha sempre incuriosito perché il mio primo ricordo cinematografico fu lì dentro: già, mi reputo una fortunata.
Era il 1981, poco prima che chiudesse ed io avevo tre anni. Si tratta solo di 2 immagini: il teatro, enorme che sembrava inghiottirmi e la strega di Biancaneve che mi faceva paura.
I miei genitori hanno confermato questo piccolo ricordo fatto di immagini sicché non mi sono sognata nulla.
Quando ero adolescente, negli anni '90, una delle cose che si potevano fare per dimostrare di essere grandi era entrare di nascosto nel Rivoli con le torce elettriche.
Io non l'ho mai fatto ma invidiavo chi riusciva a valicare il limite di quel teatro, non tanto per la legalità infranta quanto per la curiosità di vedere di nuovo quella magnificenza.
L'altro giorno, dopo aver preso un caffè, guardavo quell'edificio che ora è solo il fantasma di quello che era un tempo e mi chiedevo una sola cosa: perché?
Costruito nel 1937, denominato Impero per la grandezza dell'idea che doveva rappresentare, faceva parte del progetto di rendere Valdagno qualcosa di unico.
La città sociale stava crescendo, il razionalismo stava conquistando questo piccolo pezzo di Alto Vicentino.
Nel 1938 arrivarono da queste parti i Savoia e poi anche il Duce.
Questo teatro e gli edifici della Sinistra dell'Agno sono opera di Bonfanti e non ci sono luoghi pari in Italia se non, in un qualche modo, a Roma.
Io non credo che Valdagno si sia mai resa conto, se non in epoca molto attuale, della grandezza artistica, storica e culturale di un quartiere così. Ideologia a parte, alla quale non vogliamo dare peso, questo luogo è qualcosa che ha un valore inestimabile.
Il Teatro Rivoli divenne il cabaret tedesco, quando il comando SS fu di stanza in città.
Finita la guerra, furono le idee socialiste quelle ad essere messe sul palco di questo luogo grandioso.
Il Teatro divenne dopolavoro per il popolo e, negli anni '50, lasciò la politica e tornò a risplendere delle luci della ribalta. E divenne cinema.
Successe poi che la gente cominciò a cambiare: i luoghi d'incontro e di cultura cominciarono ad essere altri e nulla fu poi fatto per salvare questo luogo.
L'altro giorno l'ho guardato ed ero triste.
Mi sono chiesta chissà quante cose abbiamo perso nel corso degli anni in virtù di ristrutturazioni che sapevano di innovazione e modernità.
Poi la tristezza è passata e mi sono detta che, in tutta probabilità, è arrivato il momento di riprendersi la città, toglierle il trucco e accettarla per quello che è: un gioiello che nel corso degli anni è diventata un puzzle di storie e Storia.

giovedì 17 ottobre 2013

Contrade Remote: i Busellati

Contrada Busellati
Foto da Panoramio.com
Ringrazio Massimo Ceron per questo post che state per leggere.
La contrada è, per chi nasce nella nostra Valle, un qualcosa di importante perché spesso identifica la famiglia. 
Oggi facciamo un viaggio in una delle contrade più remote della nostra zona.


Tra le colline venete che separano le due vallate dell'Agno e del Leogra (nomi che prendono dai rispettivi Torrenti che le attraversano) si trovano decine di caratteristiche Contrade ancor oggi abitate per la tranquillità, la relativa vicinanza a centri quali Recoaro e Valdaqno da una parte, Valli del Pasubio, Torrebelvicino e Schio dall'altra e, non da ultimo, per la bellezza degli scorci montani.

Una di queste è Contrada Busellati, divisa tra Recoaro e Valli del Pasubio, situata proprio in sommità dei colli e nelle vicinanze di Passo Xon, punto di riferimento per il famoso giro dei 40 dei ciclisti “amatoriali” della zona (cosiddetto per la lunghezza complessiva, che è di circa 40 km).

Per arrivarci dall'alta Valle dell'Agno non è così semplice, ma ci proviamo: giunti nell'abitato di Recoaro Terme, si prende una delle strade che conducono verso la frazione di Rovegliana sulla destra e, superatala,si attraversano nell'ordine le Contrade Branchi, Sigismondi e Alpe.
Superato anche quest'ultimo raggruppamento di case si incontra una storica chiesetta della vallata e, poco più avanti, un bivio da dove inizia un tratto di un paio di km di strada cementata (e quindi non asfaltata) per arginare i pericoli dovuti alle gelate invernali: siete nella giusta direzione.
Si attraversa infine un boschetto e si arriva ad un'erta salita finale, che porta dritti davanti ad un bellissimo capitello di recente ristrutturato: ed eccoci ai Busellati!

Dal versante opposto (della Valle del Leogra) la caratteristica Contrada può essere raggiunta dall'abitato
di Staro, piccola frazione del Comune di Valli del Pasubio (il più a Nord tra quelli della Valle del Leogra): all'altezza delle prime abitazioni si prende una strada bianca che scende un po' in basso a sinistra, per poi “inerpicarsi” sul colle, superata la valle.

Oltre ad essere una zona collinare particolarmente “pregiata” per la raccolta di funghi, per la caccia e per i deliziosi asparagi di bosco che fioriscono nella stagione primaverile, nonché origine delle fonti dell'acqua Norda poco sotto, caratteristica “peculiare” è un piccolo forno di Contrada ancor oggi attivo, dove i pochi abitanti stanziali si radunano per occasionali cene, davanti a un paesaggio montano unico delle Piccole Dolomiti (sullo sfondo ci sono il Baffelan e il Monte Cornetto). Altro che il caos della citta!

In passato era usuale che in ognuna di queste Contrade ci fosse un luogo comune di ritrovo (che era,
appunto, il forno), dove ci si raccontava di tutto e di più sulle giornate trascorse: si diceva far “filò”.
E, sulle mappe catastali, questi “manufatti” sono ancora segnati.

Una bella tradizione che purtroppo è inesorabilmente scomparsa col passare degli anni tranne qualche raro caso, come appunto penso sia per la Contrada Busellati.


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