Foto dalla pagine Facebook di I Love Valdagno |
Se la memoria non m'inganna, era gennaio, forse fine gennaio.
Mi ricordo quel pomeriggio come se fosse ieri.
Ero alle elementari ed io frequentavo al Ponte dei Nori e facevo tempo pieno.
C'erano pomeriggi in cui le nostre maestre non sapevano come farci tacere ma non era il caso di quell'esatto pomeriggio.
Cominciò a nevicare dopo pranzo, o almeno è così che ricordo.
Ci dissero che se stavamo zitti la neve sarebbe continuata a scendere copiosa.
Nessuno di noi si azzardava a correre il rischio che la neve smettesse di scendere e quindi in quel pomeriggio aleggiava il silenzio.
Come nella migliore delle profezie che si auto-avverano, più silenzio c'era più la neve scendeva e i fiocchi si facevano grandi come non so cosa.
Uscimmo, come sempre, alle 16.30 da scuola e arrivai a casa zuppa di neve e acqua perché, tornando a casa a piedi con alcuni compagni, non perdemmo tempo per giocare a palle di neve.
Il mondo sembrava candido e bellissimo, come tutto quel bianco che era sceso dal cielo.
Se c'è una cosa che ora, nell'età adulta, mi manca è il fatto di gioire immensamente quando vedo che la neve scende incessantemente dal cielo.
Quando si diventa adulti si pensa più alle occasioni perse in caso di neve che a quelle guadagnate in gioco e spensieratezza grazie a tutta quella bellezza invernale che si è posata al suolo.
Ricordo che mia madre quella sera tornò a casa dal lavoro e con me sorrideva tanto, cercando nello stesso tempo di placare il mio entusiasmo.
"E' sera e non vai fuori a giocare ora... magari domani".
Le parole devono essere state queste, circa.
Io passai la serata a tirar fuori dall'armadio la mia tuta da neve, i guanti impermeabili e mi provai i dopo-sci. Era tutto pronto: la mattina dopo sarei andata a scuola in tenuta iper-tecnica.
Già, la mattina dopo.
Fu quasi un problema uscire di casa: io ero piccola e sprofondavo in tutto quel bianco.
Ci mettemmo un sacco ad arrivare a scuola e, una volta lì, mi accorsi che solo pochi dei miei compagni erano riusciti ad arrivare.
Nel frattempo dal cielo scendeva ancora la neve.
Chiusero le scuole ed io fui trasferita di prepotenza in Via Castello, da mia nonna.
La famosa "pontara" non era praticabile dalle auto... ma era il campo di giochi perfetto per noi.
Per me la nevicata del 1985 fu un momento magico fatto di tanti sorrisi e poco disagio.
Invidio quel mio essere, a quel tempo, tanto serena, gioiosa e piena di felicità per quella neve posata al suolo.
Oggi guardo fuori dalla finestra e vedo un inverno asciutto.
L'adulta che è in me dice che è tutto ok. Ma la bimba?
Questo è il mio ricordo di quei giorni... qual è il vostro?
Ciao Giovy, gennaio 85 indimenticabile. Per l'atmosfera magica, i disagi, il silenzio della città, le battaglie di palle di neve in piazza e sopratutto indimenticabile in quanto in una di quelle magiche serate ho conosciuto Marta ed il prode Cupido, anche se infreddolito, ha scoccato la sua freccia che vibra tutt'oggi.
RispondiEliminaAuguroni Paolo
Grande Paolo... non sapevo che tu e Marta vi foste conosciuti proprio in quel periodo! :)
EliminaE come non ricordarla!
RispondiEliminaDa poco avevo compiuto 6 anni, abitavo vicino all'ospedale vecchio, giusto in fondo la strada dove comincia il sentiero delle " roccette", che porta in contrada Lora di sotto.
Ero piccolino e con mio fratello facevamo tunnel sotto la neve da quanta ne aveva buttata giù!
Ricordero' sempre gli elicotteri che venivano a portar via i pazienti al vecchio San Lorenzo, la nevicata aveva fatto danni al tetto dell'ospedale e anche al tetto delle elementari Manzoni ...
Stefano, siamo quasi coeanei allora. Io ne avevo appena fatti 7! Mi ricordo anche l'immenso lavoro della protezione civile. Che giorni pazzeschi!
EliminaCiao Giovanna, io ricordo benissimo quella nevicata perchè la domenica 13 gennaio 1985 andai a sciare quasi sui sassi al Folgaria in quanto la neve era praticamente assente in zona. Il lunedì mattino sucessivo, quando mi alzai per andare al lavoro non guardai fuori dalla finesta per vedere le condizioni meteo. All'uscita di casa notai che faticavo ad aprire la porta di entrata, spingendo con più forza con grande meraviglia vidi che c'èrano all'incirca una quarantina di centimetri di neve fresca, caduta in una sola notte che mi impediva quasi di aprirla.
RispondiEliminaLa nevicata durò, con neve asciutta, per più di due giorni mentre alla fine del terzo divenne mista a pioggia e questo creò non pochi problemi nei giorni sucessivi in città e in tutto il territorio montano in quanto diventò alquanto pesante. Ricordo che lavorai per tutta la settimana per più di 10 ore al giorno (ero già dipendente del comune di Valdagno) e non sapevamo più dove buttare la neve.
Per fortuna che in città abbiamo il torrente Agno dove la neve venita buttata dalle ruspe e dai camion giù dagli argini.
Comunque il paesaggio era meraviglioso, questo clima me lo gustai assieme a Terry e a Giovanni solamente la domenica sucessiva al passo dello Zovo dove feci una breve un'esursione.
Questo è il mio ricordo....spero solo non si deva ripetere con la stessa intensità. Ciaooo
Grazie per il tuo ricordo Rino!
EliminaÈ un piacere leggerti qui sul blog!
bel "pezzo", complimenti!
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