mercoledì 30 ottobre 2013
Eureka! Anzi, Radio EUreka!
C'è una sola parola di greco che comunemente la gente sa, dopo kalispera e kalimera: questa parola è Eureka e dobbiamo tutto al filosofo Archimede e alla sua voglia di farsi dei gran lunghi bagni.
Si vede che era felice di essere pulito!
Storia, Matematica e Filosofia a parte, Eureka è una parola che attualmente richiama alla mente anche altro: la forza e la grandiosità di chi crede in progetti nuovi, portati avanti nel proprio territorio per quel territorio che viene raccontato.
E' così che nasce l'idea di Radio EUreka, dove la EU sono maiuscole perché la radio nasce anche grazie ad un finanziamento dell'Unione Europea.
Si tratta di una web radio che, come indicato sul loro sito, da idea è passata ad essere un contenitore di idee e trovo che questo sia una cosa grandiosa.
In un periodo in cui leggiamo tutti i giorni di imprese che chiudono e di idee che soccombono, sapere che c'è qualcuno che si sforza di continuare a credere nei suoi immensi sogni è proprio energia pura per me. Mi piace sempre dare del grosso merito a chi ci mette cuore, testa, ingegno e tanta speranza e i ragazzi di Radio EUreka stanno proprio facendo questo.
Stanno dimostrando che rimboccandosi le maniche e tenendo ben oliati gli ingranaggi del nostro cervello le cose accadono... o possiamo farle accadere noi.
Proprio in occasione della Festa d'Autunno, i ragazzi di Radio EUreka saranno in giro per la Piazza per raccogliere lo spirito di questa festa e le voci di tutti coloro vorranno dire qualcosa.
Io non vedo l'ora di incontrarli dal vivo per dire loro che sono bravi e che hanno tutta la mia stima.
Una sola domanda a Giulio Centomo, co-fondadore di questo progetto assieme a Marco Massignani.
Perché è nata Radio EUreka?
"Mi verrebbe da risponderti "Perchè ValdagnoSiamoNoi".
Per essere più precisi è stata un'idea comune che dallo scontro di due teste è divenuta realtà (e le teste sono divenute ben di più in seguito per fortuna, grazie a Ilaria, Benedetta, Fabio, Laura, Elisa, Andrea e Francesco), ma alla base vi è stato un ragionamento molto semplice. Se anche noi ci arrendiamo al disfattismo della crisi siamo finiti, non ci resta che farci su le maniche e magari dimostrare a tutti che con un po' di duro lavoro, pazienza e tanta fede siamo in grado di mettere in crisi il concetto di crisi.
Ubicazione:
Valdagno VI, Italia
lunedì 28 ottobre 2013
E che Festa d'Autunno sia!
Ebbene, mancano pochi giorni.
Valdagno si sta agghindando come una ragazza che aspetta la serata giusta per ballare e sorridere come mai ha fatto prima.
La Festa inizierà Mercoledì 30 Ottobre con un avvenimento molto importante: la Cena per Soci (e non) della Provaldagno.
Questo sì che sarà un momento da #ValdagnoSonoIo.
Fare parte di un'associazione come la Provaldagno vuol dire aver voglia di fare qualcosa per la città.
Vuol dire credere che Valdagno abbia del potenziale.
Che siate soci o no, l'appuntamento è alle 19.30 in quel della Piazza del Campanile.
Io e Gian saremo là perché momenti così vanno vissuti e condivisi, anche in Rete.
Ovviamente usando #ValdagnoSonoIo.
Voi l'avete già fatto?
Ecco qui qualche esempio da Twitter
E anche da Facebook
Continuate a raccontarvi e... ci vediamo in piazza!
Ubicazione:
Valdagno VI, Italia
venerdì 25 ottobre 2013
#ValdagnoSonoIo
#ValdagnoSonoIo |
E quanti pensieri su Valdagno viaggiano dentro la mia mente.
La sapete una cosa?
Quando sono andata via, oltre 10 anni fa, tornavo a casa ogni tanto e, al momento di ripartire, c'era un momento che avrei difeso coi denti.
Passata la zona industriale, appena fatta la rotonda che da un lato si va alla Piana e, andando dritti, porta alla Destra Agno io guardavo inevitabilmente dallo specchietto e vedevo i Monti.
Marana, Monte Falcone, Il Pasubio e tutte le colline attorno a Valdagno.
E così mi venivan su i lacrimoni e piangevo praticamente fino a Montecchio.
Quella visione per me era la mia casa, a mia terra, il contorno di tutto ciò che ero stata e quella sorta di radice forte che mi legava alla mia Valdagno.
Pur non tornando spesso, pur vivendo mille vite da cento parti diverse quella radice è sempre rimasta lì e, al momento giusto, ha buttato i suoi germogli.
Ora sono il quella fase in cui coltivo tutta quella bella terra che è dentro di me.
Ora è giusto dire #ValdagnoSonoIo.
Tra pochi giorni parte la festa d'Autunno ed io ci sarò.
Con me ci sarà Gian, il mio compagno, ottimo fotografo e blogger... colui che ha creato l'hashtag che vi sto presentando oggi.
Abbiamo pensato, in appoggio alla ProValdagno (che ringraziamo) di raccontare la Città in uno dei suoi momenti di festa.
Navigando in rete ci siamo resi conto che Valdagno è un po' nascosta.
I risultati che saltano fuori da quel pentolone pazzesco di Google sono davvero tanti ma è il caso di renderli ancora di più.
Ecco come nasce #ValdagnoSonoIo.
In occasione della Festa d'Autunno chiedo a tutti coloro in possesso di un po' di internet nella vita di raccontare qualcosa su Facebook, Twitter o qualsiasi altro mezzo.
Raccontate cos'è Valdagno per voi e cosa siete voi per Valdagno e con Valdagno.
Riempite la rete di #IoSonoValdagno e raccontiamo la nostra cara valle, facciamola conoscere, parliamone e incuriosiamo chi non ci è mai stato.
Partiamo fin da oggi e andiamo avanti fino al 3 Novembre.
Dimostriamo che la Valdagno 2.0 è viva e presente in questo immenso mondo di Internet.
Comincio io #IoSonoValdagno... perché qui sono nata e qui mi sento viva, anche se spesso ha criticato questo luogo.
Voi cosa mi raccontate?
Ubicazione:
Valdagno VI, Italia
mercoledì 23 ottobre 2013
E poi arrivò il D.A.M.
Foto da La Storia di Valdagno |
Il DAM (lo scrivo senza puntini, così... in amicizia) è uno di quei mitici luoghi Valdagnesi facenti parte di quella che è denominata Città Sociale.
Questa parte di Valdagno è identificata con la riva sinistra dell'Agno... insomma la xe la Rive Gauche de casa nostra. Ghe xe mia solo Parigi a avere 'na riva sinistra, no?
Anyway, questo luogo per me è sempre stato un po' distante perché io vivevo da tutt'altra parte della città e, se non fosse stato per i corsi di nuoto fatti alle Elementari io non avrei avuto motivo, fino alle medie, di venire da questa parte del mondo Valdagnese.
Il DAM è nato in pieni anni '30 col sorgere della Città Sociale per pensiero dei Marzotto e opera di quell'uomo controverso che era Bonfanti, architetto chiave del Ventennio.
DAM sta per Dopolavoro Aziendale Marzotto e venne costruito proprio per i lavoratori del lanificio.
Mia mamma, la Bruna, me ne ha sempre raccontate tante di storie su questo posto e di com'era durante la fine degli anni '60, quando lei ci veniva a ballare e le feste qui dentro erano proprio quelle da non perdere per nulla al mondo.
L'eco di questo mondo arrivò fino agli anni '80 quando anche la sottoscritta venne ammessa ad un veglione (come fa vintage questa parola) del DAM per Capodanno.
Avevo un vestito grigio con dei fiorellini rosa ricamani.
Sarà stato il capodanno tra il 1982 e 1il 1983.
Ricordo i tavoli rotondi, l'orchestra e tutte le stelle filanti in giro per la sala.
Ricordo che mi divertii molto e che quelle sensazioni tornano sulla mia pelle proprio ora che vi scrivo com'era andata quella sera.
Anni dopo girava voce che al DAM ci fosse brutta gente.
Più che brutta gente, si diceva che al DAM girasse brutta roba.
E fin qui ci siamo spiegati.
Io non so se fosse vero o no; ero piccola e certi discorsi erano davvero molto distanti dal mio mondo.
Quello che so è che ogni tanto andavo in piscina e, uscendo, guardavo quelle vetrate dalle quali si intravedeva in pieno la zona dei tavoli da biliardo.
Ora non so come se la passi il nostro DAM.
Quello che so è che si tratta di una pietra miliare di Valdagno e della sua Storia.
Si sa mai... ma mi piacerebbe fosse teatro di una mostra che racconta di quegli anni passati, di quelli in cui i grandi complessi suonavano nella nostra città e le signore si agghindavano come non mai e sembravano bellissime. E lo erano.
Proprio come la mia mamma.
PS: grazie per il libro sulla Città Sociale. E' uno spettacolo e sono felice di portelo leggere.
Eccomi al lavoro su questo post |
lunedì 21 ottobre 2013
Una storia nella Storia: il Rivoli
Nei giorni scorsi sono tornata a Valdagno e la cosa mi ha fatto molto piacere.
Avevo un sacco di cose da fare e mille persone da vedere ma sono riuscita a prendermi due minuti per passare dalle parti del Rivoli.
Ho fotografato l'edificio com'è adesso.
Oggi, riguardando le foto, mi sono detta che quelle immagini avevano poco senso... prima era necessario raccontare una storia (s minuscola) nella Storia (maiuscola): quella di questo teatro.
La Storia con la S "maggiore" (come la chiamava Guzzanti, in uno dei suoi programmi) è quella mastodontica dell'umanità. Non sarebbe maggiore se non fosse composta da piccole storie con la S minuscola, veri e propri tasselli della vita di ogni luogo.
Il Rivoli mi ha sempre incuriosito perché il mio primo ricordo cinematografico fu lì dentro: già, mi reputo una fortunata.
Era il 1981, poco prima che chiudesse ed io avevo tre anni. Si tratta solo di 2 immagini: il teatro, enorme che sembrava inghiottirmi e la strega di Biancaneve che mi faceva paura.
I miei genitori hanno confermato questo piccolo ricordo fatto di immagini sicché non mi sono sognata nulla.
Quando ero adolescente, negli anni '90, una delle cose che si potevano fare per dimostrare di essere grandi era entrare di nascosto nel Rivoli con le torce elettriche.
Io non l'ho mai fatto ma invidiavo chi riusciva a valicare il limite di quel teatro, non tanto per la legalità infranta quanto per la curiosità di vedere di nuovo quella magnificenza.
L'altro giorno, dopo aver preso un caffè, guardavo quell'edificio che ora è solo il fantasma di quello che era un tempo e mi chiedevo una sola cosa: perché?
Costruito nel 1937, denominato Impero per la grandezza dell'idea che doveva rappresentare, faceva parte del progetto di rendere Valdagno qualcosa di unico.
La città sociale stava crescendo, il razionalismo stava conquistando questo piccolo pezzo di Alto Vicentino.
Nel 1938 arrivarono da queste parti i Savoia e poi anche il Duce.
Questo teatro e gli edifici della Sinistra dell'Agno sono opera di Bonfanti e non ci sono luoghi pari in Italia se non, in un qualche modo, a Roma.
Io non credo che Valdagno si sia mai resa conto, se non in epoca molto attuale, della grandezza artistica, storica e culturale di un quartiere così. Ideologia a parte, alla quale non vogliamo dare peso, questo luogo è qualcosa che ha un valore inestimabile.
Il Teatro Rivoli divenne il cabaret tedesco, quando il comando SS fu di stanza in città.
Finita la guerra, furono le idee socialiste quelle ad essere messe sul palco di questo luogo grandioso.
Il Teatro divenne dopolavoro per il popolo e, negli anni '50, lasciò la politica e tornò a risplendere delle luci della ribalta. E divenne cinema.
Successe poi che la gente cominciò a cambiare: i luoghi d'incontro e di cultura cominciarono ad essere altri e nulla fu poi fatto per salvare questo luogo.
L'altro giorno l'ho guardato ed ero triste.
Mi sono chiesta chissà quante cose abbiamo perso nel corso degli anni in virtù di ristrutturazioni che sapevano di innovazione e modernità.
Poi la tristezza è passata e mi sono detta che, in tutta probabilità, è arrivato il momento di riprendersi la città, toglierle il trucco e accettarla per quello che è: un gioiello che nel corso degli anni è diventata un puzzle di storie e Storia.
Ubicazione:
Via Vincenzo Bellini, 36078 Valdagno VI, Italia
giovedì 17 ottobre 2013
Contrade Remote: i Busellati
Foto da Panoramio.com |
La contrada è, per chi nasce nella nostra Valle, un qualcosa di importante perché spesso identifica la famiglia.
Oggi facciamo un viaggio in una delle contrade più remote della nostra zona.
Tra le colline venete che separano le due vallate dell'Agno e del Leogra (nomi che prendono dai rispettivi Torrenti che le attraversano) si trovano decine di caratteristiche Contrade ancor oggi abitate per la tranquillità, la relativa vicinanza a centri quali Recoaro e Valdaqno da una parte, Valli del Pasubio, Torrebelvicino e Schio dall'altra e, non da ultimo, per la bellezza degli scorci montani.
Una di queste è Contrada Busellati, divisa tra Recoaro e Valli del Pasubio, situata proprio in sommità dei colli e nelle vicinanze di Passo Xon, punto di riferimento per il famoso giro dei 40 dei ciclisti “amatoriali” della zona (cosiddetto per la lunghezza complessiva, che è di circa 40 km).
Per arrivarci dall'alta Valle dell'Agno non è così semplice, ma ci proviamo: giunti nell'abitato di Recoaro Terme, si prende una delle strade che conducono verso la frazione di Rovegliana sulla destra e, superatala,si attraversano nell'ordine le Contrade Branchi, Sigismondi e Alpe.
Superato anche quest'ultimo raggruppamento di case si incontra una storica chiesetta della vallata e, poco più avanti, un bivio da dove inizia un tratto di un paio di km di strada cementata (e quindi non asfaltata) per arginare i pericoli dovuti alle gelate invernali: siete nella giusta direzione.
Si attraversa infine un boschetto e si arriva ad un'erta salita finale, che porta dritti davanti ad un bellissimo capitello di recente ristrutturato: ed eccoci ai Busellati!
Dal versante opposto (della Valle del Leogra) la caratteristica Contrada può essere raggiunta dall'abitato
di Staro, piccola frazione del Comune di Valli del Pasubio (il più a Nord tra quelli della Valle del Leogra): all'altezza delle prime abitazioni si prende una strada bianca che scende un po' in basso a sinistra, per poi “inerpicarsi” sul colle, superata la valle.
Oltre ad essere una zona collinare particolarmente “pregiata” per la raccolta di funghi, per la caccia e per i deliziosi asparagi di bosco che fioriscono nella stagione primaverile, nonché origine delle fonti dell'acqua Norda poco sotto, caratteristica “peculiare” è un piccolo forno di Contrada ancor oggi attivo, dove i pochi abitanti stanziali si radunano per occasionali cene, davanti a un paesaggio montano unico delle Piccole Dolomiti (sullo sfondo ci sono il Baffelan e il Monte Cornetto). Altro che il caos della citta!
In passato era usuale che in ognuna di queste Contrade ci fosse un luogo comune di ritrovo (che era,
appunto, il forno), dove ci si raccontava di tutto e di più sulle giornate trascorse: si diceva far “filò”.
E, sulle mappe catastali, questi “manufatti” sono ancora segnati.
Una bella tradizione che purtroppo è inesorabilmente scomparsa col passare degli anni tranne qualche raro caso, come appunto penso sia per la Contrada Busellati.
Ubicazione:
Recoaro Terme VI, Italia
martedì 15 ottobre 2013
Valdagno e quelli che partivano
Le recenti e tristi vicende di Lampedusa mi hanno fatto riflettere molto su tutti quelli che, in altri tempi, da Valdagno partivano per una vita nuova, della quale non sapevano nulla.
Sul mio blog di viaggi racconto di essere andata a vedere le cascate del Niagara per "colpa" di una cartolina che era appesa.
Era stata scritta da una cugina di mia madre che, subito dopo essersi sposata, era partita per il Canada con suo marito. Come migrante, non come viaggiatrice.
Una volta lessi un libro di Gian Antonio Stella che raccontava, tra l'altro, del grande contributo del Nord Est all'emigrazione Italiana.
Lessi anche che ogni veneto che si rispetta deve avere un parente "che xe ndà fora".
Ora vi dico quelli della mia famiglia: il mio prozio (fratello di mia nonna) se ne andò in Venezuela, e la sua famiglia è ancora lì. La cugina sopracitata in Canada.
Ci sono poi i parenti che vivono a Sidney.
Poi ci sono quelli migrati più vicini, ma sempre andati via; sto parlando dei cugini di Brugherio, in Brianza, andati in Lombardia perché là c'era più lavoro.
Come se ciò non bastasse, sono emigrata anch'io.
Ora lo so che le vicende della mia famiglia vi interessano poco... ma essere emigrata per lavorare all'estero (in Svizzera nel mio caso) fa rientrare la sottoscritta nella categoria "Veneti de rassa".
In ogni caso, avete mai ragionato sul fatto di quanti Valdagnesi ci sono sparsi in giro per il mondo?
Sono a conoscenza di un luogo che si trova in Brasile e si chiama Nova Bassano.
Nessuno di voi è a conoscenza di una possibile Nova Valdagno da qualche parte?
E se ci fosse e noi non sapessimo nulla?
Scherzi a parte, il nostro passato ... quello di Valdagno... è fatto davvero di gente che andava e poi non tornava più. O forse tornava in età anziana, perché certe montagne e colline non si dimenticano facilmente.
Quanto di voi e della vostra famiglia è sparsa in giro per il mondo?
La Valdagnesità è ovunque?
venerdì 11 ottobre 2013
Viva la Maresina
Fritole con la Maresina - Foto di Emilio Nizzero |
E tutto questo accadeva quando io avevo circa 8 anni o giù di lì.
Finiva la scuola ed io andavo a passare gran giorni dalla mia nonna, sempre la Cecilia che abitava in via Castello.
Il venerdì mattina, come oggi, era giorno di mercato.
E' sempre giorno di mercato il venerdì.
Con la nonna si facevano varie tappe fisse, una di quelle era Abramo, el fritolaro.
Abramo e sua moglie mi sembravano molto burberi ma io li adoravo perché mi facevano sempre una fritola co la maresina davvero speciale.
Chi legge il mio blog di viaggi sa dell'amore che ho per quest'erbaccia.
Ecco perché il mio cuore ha gioito quando ha letto della nascita della Confraternita della Maresina e di quella grande persona che è Emilio Nizzero.
Sulla prima pagina di ogni mia agenda scrivo sempre "The only people for me are the mad ones".
Le uniche persone per me sono i pazzi.
Lo disse Kerouac ed io ritengo sia una frase molto bella.
A chi, se non ad un sano pazzo, sarebbe venuto in mente di sviluppare il potenziale di un'erbaccia di campo infestante?
La risposta è chi ama il proprio territorio, lo conosce e lo vuole mostrare al mondo.
La Confraternita nasce da un'intuizione del Comune di Valdagno che voleva ottenere la Denominazione comunale per la famosa Fritola.
Emilio ha avuto l'idea di ampliare, comunicare e proteggere la tutto ciò che con la Maresina si può fare, non solo la mitica frittella che a me manca tanto.
Emilio è una fonte immensa di idee e tentativi ed io, personalmente, ho adorato quell'abbinamento cioccolata bianca e maresina assaggiato a Maggio di quest'anno.
Se potessi, io mi metterei a fare la segretaria per questa Confraternita perché credo immensamente nel sacro potere della Maresina.
Per me, quel sapore amaro è un modo per tornare a casa col pensiero.
Come succedeva a Proust con le sue mitiche Madeleines.
Un'erbaccia è diventata espressione di un territorio che ha tantissimo da raccontare.
Un'erbaccia potrebbe essere il mezzo per traghettare nel futuro un paese che ha del gran potenziale ma che, a volte, è incapace di credere in se stesso.
La denominazione De.Co è una grande conquista e allo stesso tempo è la spinta che serve per una rinascita che sa di terra, di buono, di cose di casa e di sapori che tutti conosciamo.
Abbandoniamo la paura e raccontiamo tutto ciò che siamo.
A partire dalla Maresina.
Buona cena sociale a chi sarà all'Albergo Alpestre di Castelvecchio stasera!
Con la Maresina si può fare molto - Foto di Emilio Nizzero |
Ubicazione:
Valdagno VI, Italia
mercoledì 9 ottobre 2013
Gaetano e il Leon
Foto da Panoramio |
Ovvero: tra in monumento ben noto ai Valdagnesi e il Leone comincia via Carmini.
Ecco un'altra magnifica storia raccontata da Massimo Ceron, aka Massimin74.
Laddove finisce l’area a parcheggio di fronte all’accesso a Villa Serena, tra il Monumento a Gaetano
Marzotto e il cosiddetto “Leon”, e dove stazionano gli ultimi banchi dei giorni del mercato del Venerdì, si imbocca la stradina a Senso Unico che porta ai Carmini.
E’ qui che, dopo una curva sulla destra e un breve tratto rettilineo, si trovano le prime case della piccola frazione valdagnese.
Gli scalini davanti al Monumento erano una specie di edicola per i ragazzi dei Carmini, che lì passavano intere giornate estive ad allestire la vetrinetta per vendere fumetti di seconda mano ai passanti mettendoli bene in mostra uno a fianco dell’altro, per poi spendere i piccoli guadagni in qualche ghiacciolo in una gelateria che si trovava sull’altro lato della strada (dalla “Dantina”).
Non era impresa semplice fermare le auto e convincere i guidatori all’acquisto, ma qualche volta l’affare
andava a buon fine, e si tornava a casa contenti mettendo dentro alle borse gli altri giornaletti rimasti invenduti.
Ma solo dopo aver mangiato il ghiacciolo, chiaramente!
A fianco del Monumento c’è una piccola vasca con fontanella e, più in su, una “morbida” scalinata che
scende sul retro, dove oggi si trova un bel parco giochi per bambini; quella scalinata era un ottimo
divertimento per le salite e discese con le grazielle o con le bmx, bici di moda negli anni ’80.
Salendo per la via una mura di confine separava l’inizio del Parco della Villa di Marzotto, oggi in parte
abbassata per realizzare un utile marciapiede per i pedoni.
Lungo quella mura, nei punti un po’ più bassi, si potevano “spiare” le visite istituzionali che riceveva la
famiglia Marzotto: un ricordo particolare fu quello della visita dell’allora Presidente della Repubblica
Francesco Cossiga alla Città di Valdagno nel 1986, in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dalla
nascita della fabbrica nella città laniera, e pochi eletti ragazzini ebbero l’onore di poterlo scorgere
all’interno della Villa in prossimità della curva prima della fontana dei Carmini.
Per un momento ci sembrava di aver toccato il cielo con un dito.
Foto da Panoramio |
Ubicazione:
Via Carmini, 36078 Valdagno VI, Italia
lunedì 7 ottobre 2013
Valdagno e il Vajont
Era il 9 ottobre del 1963 e ... xe vegnu' xo tuto.
Così la mia nonna, la Cecilia, mi raccontava del Vajont e io le chiedevo sempre quanto lontano fosse da Valdagno.
Anni dopo, presi la mia macchinina e raggiunsi Longarone e capii che il Vajont era un bel po' distante dalla nostra piccola vallata.
Tra pochi giorni ricorrerà il cinquantesimo anniversario di questa tragedia italiana ed io, per l'ennesima volta, mi dico che non ci sarebbe proprio bisogno di un anniversario come questo.
Ma cosa unisce Valdagno e il Vajont?
Tanti piccoli e giovani uomini coraggiosi, uno dei quali era mio zio.
Era lo zio Antonio ed io e lui ci parlavamo a monosibillabi.
Forse aveva poca voglia di fare dei sorrisi ai bambini o forse era solo un po' "orso", non lo so.
Io ero piccola (era la metà degli anni '80) e passavo tanto tempo da mia nonna, in via Castello.
Mio zio passava spesso a salutare sua madre. Ogni tanto le portava le beccacce da curare oppure le trote. Mia nonna era diligente e puliva sempre tutto e poi metteva in freezer.
Mio zio chiacchierava con le con quella voce da uomo un po' burbero.
Lui è morto quando io avevo 15 anni circa e non creai mai un vero e proprio legame con quell'uomo.
Lo creai, a modo mio, nella mia mente.
Era come una specie di puzzle composto da quello che io immaginavo e dai racconti che la mia nonna non smetteva di regalarmi.
Uno di questo era proprio su quel maledetto Ottobre del 1963.
Mio zio, in quel tempo, era Alpino dalle parti di Belluno.
Era giovane, come molti, e non si aspettava di certo di correre in soccorso ad una tragedia simile.
Mia nonna mi raccontò che venne mandato col suo battaglione proprio a Longarone.
C'era solo fango e la morte aleggiava ovunque.
Lui camminava in mezzo al fango per trovare le persone e spesso sentiva di camminare proprio sopra dei cadaveri. Si chinava per cercare di afferrare le persone sotto di lui ma il fango aveva reso tutto viscido ... e le persone sfuggivano via.
Rimase lì una decina di giorni, col suo battaglione.
Quando tornò venne mandato in licenza a casa, perché la tragedia era stata davvero forte e aveva provato tutti.
Di notte, a casa di mia nonna, lui urlava.
Urlava forte in preda agli incubi.
Quel fango lo aveva segnato e l'impossibilità di salvare la gente lo tormentava.
Mia nonna mi raccontò poi che ci mise anni a stare meglio.
Come lui, sono convinta che molti altri Valdagnesi siano andati in soccorso alle genti di Erto, Casso e Longarone.
Come lui, sono sicura che queste persone hanno portato a Valdagno il sentore di quella tragedia.
Chissà se qualcuno l'ha raccontato apertamente.
Ubicazione:
Vajont PN, Italia
mercoledì 2 ottobre 2013
Il Mistero di Montalbieri
Grazie a Rino Preto per la foto |
Montalbieri... quanti misteri!
Chi è di Valdagno e dintorni sa benissimo che cosa sia Montalbieri.
Si tratta di una villa in stile Liberty, proprietà della famiglia Marzotto, dove la suddetta famiglia si ritirava quando a Valdagno faceva troppo caldo.
Ora che vivo a Carpi (Mo) da qualche anno, quando abbino la parola Caldo alla parola Valdagno mi vien semplicemente da ridere ma finché abitavo in Valle ci credevo anch'io che lì facesse caldo.
Anyway, Moltalbieri è sempre stata per me un mistero.
Eh già.
Dopo essere stata residenza "anti-calura" della nobile famiglia Valdagnese, Montalbieri divenne simbolo di aria buona per tanti esseri scalcianti che, in periodo fascista, venivano portati in colonia per rafforzare la salute.
Sempre legato alla salute è stato il suo ennesimo cambio di destinazione, durante la guerra: Montalbieri divenne l'ospedale da campo più grande del circondario valdagnese.
Mia madre è nata nel 1946 e si ricordava di Montalbieri terza versione: ovvero il turismo infantile degli anni '50.
Per me Montalbieri era un insieme di muri fatiscenti contornati da un bosco dove, ogni tanto, s'andava con gli scout per qualche caccia al tesoro.
Adesso vi racconto una cosa che vi farà sorridere.
Ero a Montalbieri con gli scout ed io si giocava. Era una sorta di battaglia che prevedeva la conquista del territorio nemico. Per non essere scoperta io mi nascosi nel bosco e avanzavo per vie traverse verso la conquista del mio obiettivo.
Seduta tra un cespuglio e l'altro vedo arrivare di fronte a me uno in mimetica e col fucile pronto.
Di per sé mi prende il panico ma con fare del tutto bambinesco (malgrado avessi già attorno ai 18 anni) dico pronta: "Guarda, io non gioco con te".
Il bosco era pieno di simil soldati pronti alla guerra simulata con tanto di pallottole di vernice.
Inutile dirvi quanto fu difficile portare a termine la caccia al tesoro quel giorno.
Quella fu l'ultima volta che gironzolai per Montalbieri e boschi limitrofi.
Poi iniziarono i lavori e non fu più agibile.
Dopo questo fu la vita a portarmi distante da Valdagno e da quel bosco.
Ora come ora vorrei tornarci.
So che è una casa di riposo per anziani ma io vorrei girare finalmente dentro lo stabile per vedere com'è.
Tutte le volte, da piccola, mi fermavo sulla gradinata e non salivo.
Mi dissero che dentro c'erano dei fantasmi e, ora che so la storia di quel luogo, non stento a crederci.
Forse è anche per questo che vorrei tornare.
Ubicazione:
36078 Castelvecchio VI, Italia
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