lunedì 26 maggio 2014
Supporta Radio EUreka!
Un piccolo post per una grande cosa: il sostegno.
Quando impari a giocare a rugby (ma anche in tanti altri sport) impari il vero valore del sostegno.
Sai che potrai fare 2 metri oppure tutta la lunghezza del campo ma ci sarà sempre qualcuno dietro di te a cui passare la palla o che potrà fare qualcosa per la tua azione, per l'azione della squadra.
Stamattina io ho "giocato a rugby" con Radio EUreka!
Il progetto della radio mi piace un sacco e lo ritengo davvero importante, soprattutto importante per Valdagno e per tutto ciò che può comunicare.
Oggi ho giocato a rugby con Radio EUreka e mi sono collegata alla pagina che la radio ha creato su Music Raiser. Cosa ho fatto? Ho fatto una piccola donazione.
Una goccia qui, una goccia lì... così si è formato l'oceano.
Amo il crowndfounding perché è un'azione che alimenta i sogni dal basso.
Li alimenta e li sfama grazie a persone che hanno altrettanti sogni, altrettante aspettativa e altrettanta voglia di fare qualcosa di bello, di crescere e di vivere.
Un claim messo al mondo da Giobbe Covatta diceva "Basta poco, che ce vo'!!!"
Esplorate il mondo di Radio EUreka e sostenete questo progetto davvero importante!
Ubicazione:
Valdagno VI, Italia
martedì 29 aprile 2014
Un Workshop in Biblioteca
Guardate cosa succede in Biblioteca Civica a Valdagno il 16 Maggio alle 20.30
Si parlerà di libri, di viaggio, di raccontare i propri viaggi.
Vi aspetto numerosi!!
Si parlerà di libri, di viaggio, di raccontare i propri viaggi.
Vi aspetto numerosi!!
venerdì 25 aprile 2014
Un giorno di Libertà
I pensieri su Valdagno sono sempre tanti e a breve tornerò con una serata in Biblioteca (stay tuned) ma oggi penso al 25 Aprile, alla Liberazione, ai racconti della mia nonna materna e all'orgoglio con il quale, anni fa, ho visitato la Mostra che raccontava i Valdagnesi in Guerra.
Raccontare la Guerra è sempre un qualcosa di difficile perché si fa a pugni col passato e si pensa che sia tutto troppo ostico, troppo difficile, troppo discutibile... e chissà quanti altri "troppo".
Il passato e la Storia sono come dei gran gomitoli di Lana che vanno messi in ordine dopo averli districati, guardati e compresi.
Per questo amo le esposizione, le mostri e i racconti storici.
Non so perché, ma quando vidi la mostra che vi accennavo prima, ebbi una sorta di sussulto d'emozione davanti a quella foto di parte della Brigata Stella che cammina fiera in piazza.
Quei volti, quelli sguardi mi sono entrati nel cuore tanto che mia madre telefonò in Comune a mia insaputa per chiedere una copia di quella foto.
Io già vivevo in Svizzera e lei voleva regalarmela.
Le dissero che non era possibile e così, un bel giorno, mi arrivò in quel dell'Elvezia una bella busta con il catalogo della mostra e un biglietto che diceva "La puoi vedere a pagina 108".
Stamattina mi sono svegliata e, con lo stesso impeto di sempre, ho riguardato quella foto a pagina 108 e ho ripensato alla mia Valdagno.

Ubicazione:
Valdagno VI, Italia
martedì 4 marzo 2014
Sguardi Urbani su Valdagno
A Valdagno esiste Fotoricerca... e questo non è proprio ben risaputo.
Fotoricerca è una di quelle associazioni nate molti, molti anni fa, di cui si sa dell'esistenza ma alla quale non tutti si avvicinano.
Io, personalmente, mentre abitavo a Valdagno non ho mai avuto a che fare con loro e, ora come ora, un po' mi dispiace.
Sono entrata in contatto con Cinzia di Fotoricerca qualche mese fa via mail e lei mi ha raccontato di questa nuova mostra che apre il 22 Marzo 2014.
Si chiama "Sguardi Urbani" e racconta Valdagno vista da vari fotografi dell'associazione.
Come dice il comunicato stampa "la mostra, incentrata sulla Città di Valdagno, prevede una retrospettiva della fotografa Elsa Visonà, di cui la Prof. Valeria Sandri proporrà un ritratto ed un approfondimento dell'opera...".
Quando ho letto il nome della Elsa Visonà mi si è davvero acceso un lampo.
Quando ero piccola passavo spesso davanti al suo studio fotografico e mi perdevo a guardare le foto d'epoca che lei ristrutturava e ristampava.
Un giorno mia madre trovò una bellissima foto di mio nonno Piero, il suo papà, e la portò alla Elsa.
C'era mi nonno a circa 4 anni con tanto di cerchio e bastone per giocare.
La Elsa fece un miracolo e riuscì a ristamparcela riconsegnandoci un piccolo pezzo di storia della mia famiglia.
Credo davvero che farò un salto a vedere questa mostra perché ho voglia di fare un viaggio nel tempo attraverso le immagini e ho tanta voglia di rivedere la Valdagno che fu.
Fotografare Valdagno, a mio avviso, non è cosa semplice e... lo scrivo qui così resta nero su bianco che è un'idea mia... mi piacerebbe far fotografare la mia città natale da gente che non è di lì (ho già in mente chi) per vedere come possano essere gli Sguardi Urbani Stranieri.
Vedremo...
La mostra apre il 22 Marzo e resterà aperta fino al 13 Aprile 2014.
Ogni lunedì la mostra sarà chiusa.
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Ubicazione:
Valdagno VI, Italia
giovedì 20 febbraio 2014
Intervista a Cinzia Gandini
Oggi intervistiamo una persona che mi ha sempre riempito di sorrisi e positività.
Eravamo colleghe, once upon a time, e ridevamo assieme dei viaggi fatti e da fare.
Lei è Cinzia Gandini, valdagnese che ora vive a Valencia, in Spagna.
*Ciao Cinzia, come mai sei finita in Spagna?
Beh ...che dire..... la storia sarebbe lunga....
come si sa....a volte nella vita bisogna fermarsi un momento, guardarsi intorno e “ascoltare la natura che ci circonda e le vibrazioni di un cielo stellato...” questo non centra niente, però suonava bene.....dicevo...tirare un po le somme, valutare possibilitá e le possibili opzioni della vita, dirai, tipici discorsi da fine anno...buoni propositi,progetti da realizzare, chili da perdere,smettere di fumare.
Chi non ha sognato una volta dicendo,vado a vivere a...voglio un posto al caldo,con il sole,il mare...un giorno , in silenzio...”ho visto la luce” come direbbero i Blues Brothers...come dicono qui ...”he sacado los huevos...” e mi sono messa in gioco....Spagna arrivo!
Sicuramente pensare di andare in Spagna non e' stata una decisione presa a cuor leggero, anche se da sempre, nel cassetto dei desideri c'era una piccola scatolina con bandiera giallo rossa. Questo e' stato l'inizio dell' avventura.
*Se "leaving New York is never easy", come cantano i R.E.M, lasciare Valdagno... com'è?
Non saprei... forse ci sara' un motivo perche' non me lo sono mai chiesta. Se ci sei nata o ci hai vissuto una parte di Valdagno sempre restera' legata al tuo Dna.
VALDAGNO TI SEGNA PER SEMPRE...AHAHAHAHAHAH
Noto quasi più emozione quando ci ritorno, nel riscoprire le vecchie sensazioni... sarà l'eta'!!!
*C'è qualcosa che ti manca più di altro?
Certo che anche tu fai delle domande... insomma ... beh ecco...qui lo stracchino non si trova!!
*Avrai sicuramente racconta Valdagno a qualche tuo amico spagnolo. Cosa hai detto della nostra Valle?
Certamente, alcuni amici hanno commentato entusiasti le foto di panorami e montagne. Gli ho poi raccontato delle attivita' di svago e di divertimento disponibili nella zona, l'arte, la cultura, la cucina.... e per dar loro la sensazione vera... avevamo per fino il bianco rosso originale “Carlotto”... purtroppo dopo il terzo bicchiere, bevuto fresco,in terrazza con un caldo estivo....gia' i commenti erano un po' confusi.
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Valdagno
Ubicazione:
Valencia, Provincia di Valencia, Spagna
martedì 4 febbraio 2014
La Nostalgia è un Gusto
Sono giorni che, in un modo o nell'altro, Valdagno è nella mia mente.
Qui a Carpi diluvia e allora mi sono venuti in mente quei giorni, quando andavo al liceo, in cui definivo Valdagno la Desperation Valley perchè non appena arrivavo a Vicenza per andare a scuola lì non pioveva più. Ora piove a dirotto anche a Vicenza e mi rendo conto che tutto il mondo è paese e i disastri, purtroppo, non hanno confini.
Quando mi vengono questi pensieri tristi vado in cerca, nella mia mente, di immagini che mi facciano bene: spesso penso ai giorni che ho passato a Aberdaron, nel nord del Galles.
E se proprio voglio stare ancora meglio, richiamo con pensiero quei gusti che rappresentano per me i confort food. Abito in Emilia da anni e qui, in quanto a cibo, la sanno lunga ma se penso a qualcosa che mi faccia stare bene penso ai gusti della mia Valdagno.
Circa 3 settimane fa era il mio compleanno ed è venuta a trovarmi la mia amica Eleonora, portando con sé ciò che poteva esaudire un mio desiderio grande: la sopressa.
Non so se qualche "expat" mi sta leggendo. Sicuramente c'è tanta gente di Valdagno che non vive più lì e allora io mi chiedo quali potrebbero essere, per queste persone, i gusti che mancano di più.
A me manca davvero il gusto della sopressa perché qui la si trova, magari nei supermercati grandi, ma non ha nulla a che vedere con quelle belle sopresse morbide e gustose che si trovano in valle.
Ogni tanto mi manca il gusto del Biancorosso di Carlotto.
Quando vivevo in Svizzera capitava che i miei genitori mi venissero a trovare: mia madre mi portava sempre il Biancorosso. Ah la Bruna se la sapeva lunga!
Mi mancano gli gnocchi con la fioretta perché qui mica sanno come si usa la Fioretta.
Un giorno sono andata in una cascina qui vicino a prendere il Parmigiano e ho chiesto se potevano vendermi della fioretta. Il latte è pur sempre latte, no?
Niente... non ce n'è per nessuno. La fioretta non si vende e allora niente gnocchi!
Devo ammettere che a volte, presa dalla disperazione, mi metto a farli con la ricotta.
La Maresina poi non ne parliamo nemmeno. Ne avevo una pianta bella alta e profumata... poi c'è stato il terremoto qui in Emilia ed io sono stata fuori casa per quasi un mese.
Risultato? Il caldo pazzesco di quei giorni e la mancanza d'acqua hanno bruciato la pianta e allora Addio Maresina!
Mi mancano i Bigoli con l'arna, che per me sapevano di domenica e di festa.
E' proprio quando non hai più tutte quelle cose con le quali sei cresciuta che pensi a quanto quei gusti abbiano lasciato dei solchi dentro al cuore.
E' in quel momento che capisci che Nostalgia non è più solamente una parola ma è un gusto, quello delle tue radici e di ciò che ti ha reso, in parte, quello che sei!
Ubicazione:
Valdagno VI, Italia
martedì 28 gennaio 2014
La magia della Tessitura
Mio nonno Piero Perin, padre di mia mamma, era uno di quelli che in tessitura Marzotto ci aveva lasciato non so quanti giorni della sua vita.
La mia nonna e sua moglie, la Cecilia, mi raccontava sempre di quando mio nonno partiva dal Castello per raggiungere la tessitura a piedi. Tutti i giorni della sua vita.
Non ho mai conosciuto mio nonno di persona, so di lui e della sua vita da tutto quello che mi è stato raccontato e ogni tanto guardo una sua foto e riverso i miei pensieri su quell'immagine, cercando di dargli una voce, un tono, un atteggiamento... ovvero tutto quello che non riesco a ritrovare dentro ai miei ricordi.
Era il 1997 e avevo appena cominciato a lavorare alla Marzotto quando venni invitata in sede centrare (io lavoravo al Maglio) per una sorta di giornata formativa sull'azienda. Era messa in piedi ogni tot di nuovi assunti che, in quel periodo, arrivavano copiosi da ogni dove. Io stessa ero stata pescata dall'elenco dei voti della maturità del mio liceo.
Quel giorno, in sede centrale, ci fecero fare un viaggio nell'universo Marzotto, spiegandoci tutto: dall'arrivo della lana, al tessuto e al capo finito.
Non era tanto la questione della "confezione" che mi interessava; io ero attirata alla grande da quella magia chiamata tessitura.
Mia nonna mi raccontava che in quel reparto c'era un gran baccano. Mio nonno, del resto, aveva dei gran problemi d'udito già a 40 anni. La causa di questi era, probabilmente, il rumore assordante dei telai che, come nel miglior filmato sulla produttività della Valle, era la colonna sonora della vita della città.
Un giorno, avrò avuto 6 anni circa, mia nonna mi portò dalle parti della Marzotto, vicino a dove c'erano le finestre della tessitura. Mi disse che da lì, in estate, si sentiva il battere dei telai.
Se sentivi quel rumore voleva dire che andava tutto bene.
Nel 1997, all'alba dei miei quasi 20 anni, io entrai in tessitura e mi sentivo come un archeologo nel momento di aprire un luogo sacro.
Il rumore c'era, le vibrazioni del pavimento pure. Le navicelle dei telai viaggiavano così veloci da non saperle distinguere nel loro movimento.
Un addetto ai telai ne rallentò uno per farci vedere come funzionava il tutto: le navette erano due e si incontravano a metà percorso per scambiarsi i fili. Non so spiegarvi perché ma in quel momento io pensai a due mani che si stringono dando inizio a qualcosa di spettacolare. Ne rimasi estasiata.
Il tessuto che nasce è proprio come un bimbo che viene al mondo e se sei di Valdagno questa cosa è dentro di te.
L'estate scorsa ho raggiunto le Isole Ebridi Esterne e ho scoperto come viene tessuto il tweed.
Ho ripensato a mio nonno, al suo correre in fabbrica e ai suoi timpani, provati all'ennesima potenza da un processo rumoroso e allo stesso tempo grandioso.
Se chiedessi ai Valdagnesi oggi chi sa tessere... in quanti mi risponderebbero?
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Valdagno VI, Italia
venerdì 24 gennaio 2014
Fora Febraro!
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Foto dalla Pagina Facebook Fora Febraro |
Ok, lo so che deve ancora finire Gennaio. Ma non posso farci nulla se già penso a "Fora Febraro".
Come nel migliore degli assiomi, se pensi tanto ad una cosa significa che ti manca e nulla potrebbe essere più vero se riferito a me.
Ne me sono andata da Valdagno nel 2002 ed è da quell'anno che non sento più i botti e il casino il 28 (o 29) Febbraio.
Quando ero piccola speravo sempre che fine di Febbraio cadesse nel week-end così potevo restare a dormire dalla mia nonna, in Via Castello.
Mia nonna Cecila era per me la tenutaria di un sacco di tradizioni. A fine febbraio mi armava di coperchi di pentole e mi lasciava andare in giro a far casino perché "pi casin ghe xe par far fora Febraro, mejo xe".
Io sono sempre stata molto legata a queste tradizioni antiche e pagane che, sicuramente, sono state portate nella nostra valle da quegli uomini biondi e nordici chiamati Cimbri.
I Cimbri arrivavano dalla Danimarca ed erano popolazione di tradizione pagana all'ennesima potenza e questo si vede da tutto ciò che ci hanno lasciato: il falò della Stria, Feste come la Chiamata di Marzo e essenzialmente il fatto di fare del gran casino per cacciare l'inverno.
Ci sono miliardi di tradizioni che assomigliano a quella di Fora Febraro presso tutti quei popoli che un tempo praticavano il paganesimo.
L'inverno è spesso visto come un essere cattivo che va scacciato con del gran rumore.
Vale, per me, anche l'interpretazione diversa che vede l'inverno come un qualcosa di assopito che va svegliato affinché la primavera faccia il suo corso.
Comunque la mettiate, io sento una grande mancanza dei botti e del casino in quella notte di fine febbraio. Qui in Emilia, solitamente è tutto così silente che io non posso esimermi dal prendere i coperchi delle mie pentole, uscire in terrazzo 3 minuti e sbatterli a più non posso.
Che mi prendano pure per matta i miei vicini... io sono di Valdagno e lì si fa Fora Febraro.
Non fare rumore quella sera mi fa sentire come una bimba che non ha fatto il suo dovere... e sia mai che io mi senta così!
So che la popolazione della Valle si divide in chi ama questa tradizione e in chi, invece, la vorrebbe morta e sepolta.
Ammesso e concesso che i botti si devono fare in totale sicurezza e senza recare danno a nessuno (animali e cose comprese), io sono una grande sostenitrice di tutte quelle tradizioni che rendono peculiare, curioso e interessante un paese.
Perché ci sono sagre e feste in Italia, magari in paesi piccoli, che attirano gente su gente e non c'è nessuno che viene a passare la notte di fine Febbraio a Valdagno?
Ubicazione:
Valdagno VI, Italia
lunedì 20 gennaio 2014
Intervista a Emilio Nizzero
Oggi iniziamo una nuova settimana con una bella intervista a Emilio Nizzero che, per Valdagno, è davvero un personaggio poliedrico e di tutto rispetto.
Emilio e Io ci siamo conosciuti in un bell'agriturismo, al cospetto di un ottimo formaggio di capra.
E questo non è un caso visto che il nostro intervistato di oggi fa parte dell'O.N.A.F. ovvero l'organizzazione nazionale degli assaggiatori di formaggi.
Eh già... così come ci sono i sommelier, ci sono anche gli assaggiatori di formaggi.
Ecco un altro mestiere da mettere nella mia lista del "cosa vuoi fare da grande":
Su questo blog avevamo già parlato di Emilio in occasione della prima cena sociale della Confraternita della Maresina.
Se io dico Valdagno, qual è la prima (ma proprio la prima) parola che ti viene in mente?
Vivere , perchè Valdagno è una città da vivere.
A Valdagno trovi tutto: storia, arte, cultura,paesaggio, divertimento, tranquillità: una città tutta da vivere.
Sono rimasto lontano da Valdagno, per motivi di lavoro, per circa 25 anni. Al mio rientro ho ripercorso tutti I luoghi della mia infanzia e giovinezza e li ho trovati ancora intatti come li avevo lasciati. Ecco forse bisogna lasciare per un pò di tempo la propria città per poterne apprezzare la bellezza e la tranquillità di vita.
Immagina di essere ad una conferenza con tantissime persone e pensa alla possibilità di promuovere Valdagno in poche righe. Cosa diresti?
La Città Sociale è senza dubbio il punto di partenza per promuovere Valdagno: unica in Italia nel suo genere, voluta e costruita negli anni dalla famiglia Marzotto per i propri dipendenti ed è diventata il simbolo della Città.
Dall’asilo, alle scuole elementari e medie; dagli istituti superiori alle case per i lavoratori del Lanificio.
Dallo stadio alle piscine, dal dopolavoro alle palestre, dalla scuola di musica al teatro.
Ci sono inoltre gli ambulatori medici alla casa di riposo per gli anziani: una città dentro alla città.
Tutto ciò è ancora in uso e visitabile.
A Valdagno non c'è solo questo: la parte vecchia è ricca ville e palazzi storicamente risalenti a varie epoche, nonchè manufatti ecclesiastici risalenti al XIII secolo.
Valdagno è immersa nel verde delle colline, ha numerose contrade facilmente raggiungibili sia in auto che a piedi o mountain bike, ricche anche esse di storia e cultura ,dalle qualli si ha una visione della città e di tutta la valle.
Cosa manca alla nostra città e su cosa punteresti per far parlare il mondo di Valdagno?
In teoria come già detto a Valdagno non manca nulla.
In pratica manca la capacità di sviluppare idee ed agire con semplicità e costanza nell’attuarle.
Vuoi alcuni esempi?
Valdagno : “Città dell’armonia"
Scuola di musica V.E. Marzotto – Auditorium Ugo Zanuso”, perché non portare la musica nelle vie della città?
Valdagno : Città dell’arte e dell’armonia “
Qui c’è il Liceo artistico Boccioni perché non coinvolgerlo in un progetto che faccia conoscere la città organizzando mostre utilizzando spazi aperti e già di per sé artistici della città?
Sto pensando alle numerose corti esistenti in centro storico .
A Valdagno c’è un circolo fotografico “ Fotoricerca “ che esiste da 40 anni e potrebbe organizzare mostre fotografiche sia paesaggistiche che artistiche e interagire con altri circoli fotografici della provincia o della regione .
“Valdagno città sociale dell’arte, dell’armonia e della gastronomia!“
A Valdagno c’è anche un interessantissimo bacino eno-gastronomico da sviluppare.
Ci sono ristoratori che operano da anni con impegno per promuovere la cucina del territorio ricca di storia e tradizioni.
Ora credo che a Valdagno non manchi proprio nulla.
Raccontami due prodotti con la Maresina che secondo te sono da conoscere e gustare.
Nell’aprile dello scorso anno si è svolta in città la prima festa della “ Maresina De.Co di Valdagno “ e in quella occasione si sono sperimentati numerosi prodotti gastronomici contenenti questa erba.
Nell’aprile di quest’anno la festa si ripeterà e per l’occasione sono già in produzione un formaggio, dei biscotti, una torta e un sugo tutti con Maresina De.Co di Valdagno.
L’idea del formaggio con la Maresina mi è venuta 5 anni fa.
Da esperto caseario ho provato abbinare questa nostra erba, usata solamente per le più famose fritole, ad una cagliata ottenuta dal latte di vacca di razza bruna . Il risultato mi è parso subito buono.
E’ un formaggio a latte intero termizzato, a pasta cruda pressata.
La cagliata avviene per acidità naturale del latte e con l’aggiunta di caglio animale. Una volta ottenuta la cagliata si procede all’impasto della stessa con foglie essiccate di Maresina De.Co. Di Valdagno. La stagionatura si protrae per circa 60 giorni in ambiente naturale.
E’ un formaggio da tavola ( 60 giorni )se fatto stagionare più a lungo se ne consiglia l’uso leggermente riscaldato alla piastra.
La vera e propria novità di quest'anno è il sugo che sarà senz’altro un altro prodotto molto interessante.
Viene prodotto con Maresina De.Co di Valdagno con aggiunta di Noci tritate e formaggio Monte Faldo De.Co stagionato, grattuggiato, il tutto amalgamato con olio extravergine d’oliva.
Sarà un ottimo condimento per le classiche tagliatelle fatte in casa. Provare per credere.
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Valdagno
Ubicazione:
Via Marconi, 36078 Valdagno VI, Italia
lunedì 13 gennaio 2014
C'era una volta lo Sgnarock...
C'era una volta lo Sgnarock, che mi è tornato in mente grazie ad un gruppo Facebook che ho scoperto da poco. Se non erro, la manifestazione nacque nel 1991 e si teneva in Favorita.
Successivamente fu spostata al Maglio di Sopra per una questione di spazio e di affluenza.
Se penso a quel periodo mi viene in mente una parola inglese che definisce quelli che iniziano una cosa e non la portano più avanti. Ho in testa il concetto ma non la parola precisa ma se la ritrovo nei meandri del mio cervello ve la dico.
Lo Sgnarock era quella kermesse nata per caso, forse, e continuata arrivando nell'albo dei migliori festival rock d'Italia.
Gli anni '90 sono stati un'ottima fucina di momenti come lo Sgnarock: regnava su tutti l'Arezzo Wave ed era fantastico perché c'era un gran fermento musicale serio e impegnato. Io sono fiera di essere stata adolescente in quegli anni.
I miei ricordi dello Sgnarock sono tanti e c'è un'unica cosa che mi dispiace: non ho mai fatto parte della squadra dei volontari degli stand.
Il mio ricordo più grande di quella manifestazione è legato all'ultima edizione, quella dell'estate del 1998. Io ero appena tornata da Recife, in Brasile, e con l'associazione di volontari della quale facevo parte si era messo su uno stand nella zona dedicata al volontariato.
Era una posizione perfetta: sufficientemente vicina al palco per godersi lo spettacolo, sufficientemente lontana per non scassarmi i timpani e correttamente vicino all'entrata per beccare più gente possibile.
La mia anima in quei giorni era in fase di ricostruzione: dopo quasi un mese di Brasile e di bimbi di strada, ero in una di quelle condizioni in cui ogni cosa tenera mi faceva piangere.
Adoravo godermi i momenti di tranquillità del pomeriggio, quando ancora non c'era troppa gente in giro per il prato e il sole di fine agosto era già gentile sulla pelle.
Adoravo, alla sera, sentire l'aria scendere dai monti costringendomi a mettere il maglione.
Vedere il prato dei concerti stracolmo di gente era una soddisfazione non da poco.
Non dimenticherò mai le performance degli Afterhours, degli Africa Unite (il prato straboccava) e dei Modena City Ramblers che, se non erro, sono stati proprio il gruppo che ha chiuso l'ultima edizione dello Sgnarock.
Questo festival mi manca, così come mi manca la Settimana dell'Oratorio e il Festival Blues durante i mercoledì d'estate.
Una volta cercai di ragionare tra me e me per capire come mai, quando ci sono delle cose che funzionano bene, le si lascia andare e non le si mette in scena più.
Non voglio fare nessun discorso sulle responsabilità e sull'impegno. Quello che dico, da spettatrice appassionata, è che esiste sempre un momento in cui le cose diventano grandi e ci pongono davanti ad una scelta: o ci si dedica ad essere o non le si pensa più.
Questo accade con le passioni, il lavoro, lo sport, lo studio e mille altre cose.
Quello che posso dire con certezza ora è che un festival come lo Sgnarock avrebbe fatto parlare di Valdagno in tutta Italia.
In un'epoca in cui web e social network sono alla portata di tutti, lo Sgnarock avrebbe avuto una diffusione virale e così anche il nostro bel paesello.
Si dovesse mai decidere di ricominciare con questo festival, io mi offro per metterci quanto possa essere possibile per me.
Mi piacerebbe davvero che un bell'evento come questo tornasse a chiudere l'estate Valdagnese.
Successivamente fu spostata al Maglio di Sopra per una questione di spazio e di affluenza.
Se penso a quel periodo mi viene in mente una parola inglese che definisce quelli che iniziano una cosa e non la portano più avanti. Ho in testa il concetto ma non la parola precisa ma se la ritrovo nei meandri del mio cervello ve la dico.
Lo Sgnarock era quella kermesse nata per caso, forse, e continuata arrivando nell'albo dei migliori festival rock d'Italia.
Gli anni '90 sono stati un'ottima fucina di momenti come lo Sgnarock: regnava su tutti l'Arezzo Wave ed era fantastico perché c'era un gran fermento musicale serio e impegnato. Io sono fiera di essere stata adolescente in quegli anni.
I miei ricordi dello Sgnarock sono tanti e c'è un'unica cosa che mi dispiace: non ho mai fatto parte della squadra dei volontari degli stand.
Il mio ricordo più grande di quella manifestazione è legato all'ultima edizione, quella dell'estate del 1998. Io ero appena tornata da Recife, in Brasile, e con l'associazione di volontari della quale facevo parte si era messo su uno stand nella zona dedicata al volontariato.
Era una posizione perfetta: sufficientemente vicina al palco per godersi lo spettacolo, sufficientemente lontana per non scassarmi i timpani e correttamente vicino all'entrata per beccare più gente possibile.
La mia anima in quei giorni era in fase di ricostruzione: dopo quasi un mese di Brasile e di bimbi di strada, ero in una di quelle condizioni in cui ogni cosa tenera mi faceva piangere.
Adoravo godermi i momenti di tranquillità del pomeriggio, quando ancora non c'era troppa gente in giro per il prato e il sole di fine agosto era già gentile sulla pelle.
Adoravo, alla sera, sentire l'aria scendere dai monti costringendomi a mettere il maglione.
Vedere il prato dei concerti stracolmo di gente era una soddisfazione non da poco.
Non dimenticherò mai le performance degli Afterhours, degli Africa Unite (il prato straboccava) e dei Modena City Ramblers che, se non erro, sono stati proprio il gruppo che ha chiuso l'ultima edizione dello Sgnarock.
Questo festival mi manca, così come mi manca la Settimana dell'Oratorio e il Festival Blues durante i mercoledì d'estate.
Una volta cercai di ragionare tra me e me per capire come mai, quando ci sono delle cose che funzionano bene, le si lascia andare e non le si mette in scena più.
Non voglio fare nessun discorso sulle responsabilità e sull'impegno. Quello che dico, da spettatrice appassionata, è che esiste sempre un momento in cui le cose diventano grandi e ci pongono davanti ad una scelta: o ci si dedica ad essere o non le si pensa più.
Questo accade con le passioni, il lavoro, lo sport, lo studio e mille altre cose.
Quello che posso dire con certezza ora è che un festival come lo Sgnarock avrebbe fatto parlare di Valdagno in tutta Italia.
In un'epoca in cui web e social network sono alla portata di tutti, lo Sgnarock avrebbe avuto una diffusione virale e così anche il nostro bel paesello.
Si dovesse mai decidere di ricominciare con questo festival, io mi offro per metterci quanto possa essere possibile per me.
Mi piacerebbe davvero che un bell'evento come questo tornasse a chiudere l'estate Valdagnese.
Ubicazione:
Valdagno VI, Italia
martedì 7 gennaio 2014
Intervista a Valentina Dall'Ara
Oggi intervistiamo Valentina Dall'Ara, che è una Valdagnese molto appassionata della storia della nostra città. In particolare, Valentina si è laureata con una tesi che parla del Teatro Rivoli.
Ecco qui quello che ci siamo raccontate!
Ciao Valentina, ti va di prensentarti in qualche parola?
Ciao Giovy! Grazie innanzitutto per questa possibilità e per il tuo entusiasmo nel promuovere il nostro territorio!
Ti racconto un po’ di me, dunque, sono valdagnese di nascita, classe ’86, quando ho un po’ di tempo libero mi puoi trovare in biblioteca dove spulcio articoli e testi riguardanti la nostra città.
Mi sono laureata in lettere a Venezia ed ho terminato gli studi a Roma dove ho collaborato con gallerie d’arte contemporanea. Attualmente lavoro al Museo Civico di Bassano del Grappa.
La mia vera passione però è il teatro, sono redattrice per la rivista Sipario ed ho collaborato con diverse compagnie e teatri.
So che hai fatto una bellissima Tesi sul Teatro Rivoli, come mai questa scelta?
Il teatro Rivoli ha sempre avuto per me un fascino speciale.
Ci passavo accanto da bambina, per andare a casa dei nonni, all’epoca era già chiuso da parecchi anni, e ricordo nitidamente l’odore di qualcosa di grande che usciva dalle finestre laterali semichiuse. Ancora oggi mi capita di sentire questo particolarissimo odore passandoci affianco.
Ancora prima di iscrivermi all’Università sapevo che la mia tesi di laurea, consultabile in biblioteca Villa Valle (Storia e documentazione del Cinema Teatro Impero poi Rivoli in Valdagno 1937-1981), sarebbe stata su questo gigante addormentato. Ne ho ricostruito la storia partendo dalle fonti giornalistiche del tempo: La Vedetta Fascista, Il Giornale di Vicenza, Il Bollettino dei Lanifici.
La mia tesi è nata dunque dalla curiosità di recuperare la storia di un Teatro che, nonostante abbia avuto vita per soli 45 anni, è diventato il custode dei ricordi di molte generazioni diverse. Ha assistito ai molteplici cambiamenti storici del Novecento passando attraverso la seconda guerra mondiale, il fascismo, la caduta del regime, l’avvento della tecnologia, le rivoluzioni del ’68, gli anni settanta fino a gustare il primissimo assaggio degli anni ottanta prima di chiudere e diventare soltanto un altro luogo di memorie.
Oggi resta lo spettro di un Teatro forse ancora troppo ingombrante pur essendo ‘morto’ da ben 32 anni: una struttura massiccia di nome Rivoli che, soprattutto per chi è troppo giovane per ricordarlo attivo, viene riconosciuta solamente come condominio o addirittura confusa con l’omonimo bar posizionato sull’altro lato della strada, situato in quel palazzo conosciuto come palazzo Jolly Hotel che ha preso il posto della piazza-giardino che una volta sorgeva davanti al Teatro.
Se dovessi avere davanti a te un viaggiatore di qualche paese lontano, come lo convinceresti a venire a vedere Valdagno!?
In realtà, già parecchie volte mi sono trovata in questa situazione e devo dire che le reazioni dei miei interlocutori sono sempre state più che positive.
La storia di Valdagno, in particolare della dinastia Marzotto e della città sociale, affascina facilmente. Forse, ancora non ci siamo resi conto del patrimonio di archeologia industriale che abbiamo a disposizione ogni giorno sotto i nostri occhi: la città sociale di Valdagno è di per sé un unicum che, come tale, andrebbe valorizzato, preservato e promosso come bene comune.
Valdagno ha moltissime storie da raccontare, credo di poter affermare che ogni edificio sia della città sociale che della città storica conserva aneddoti o avvenimenti incredibili!
Raccontami il luogo che più ami (Rivoli escluso) della nostra città.
Al di fuori del Teatro Rivoli e della città sociale mi affascina particolarmente la Piazza del Campanile perché in un limitatissimo spazio si presentano sotto i nostri occhi 400 anni di storia.
Non tutti sanno che, incastonato nel campanile, c’è un rilievo in pietra del 1400, di autore ignoto, rappresentante l’ultima cena. Il campanile, testimonianza di architettura cinquecentesca valdagnese, è opera dell’architetto Agostino Righetto: un bell’esempio di classico seicentesco è la vicina canonica.
il Duomo, costruito nella seconda metà del 1700, è opera di Giovanni Miazzi, e la facciata, realizzata un secolo dopo, è di Luigi De Boni. In Piazza del Campanile dunque la Storia dal ‘400 all’ 800 si presenta contemporaneamente sotto i nostri occhi. Niente male, no?
In questa piazza sorgono anche spontanee alcune domande che potrebbero incuriosire un possibile turista e, perché no, anche un valdagnese: il campanile, di solito, si trova vicino a una chiesa, il nostro invece non lo è, dunque, dov’era e com’era la vecchia Chiesa di San Clemente in precedenza? E perché è stata sostituita dall’attuale Duomo settecentesco?
Vi lascio con la curiosità!
Assieme alla Provaldagno e al Comune stiamo cercando di approntare una serie di percorsi guidati in particolare rivolti alla conoscenza della Città Sociale ma speriamo, in un futuro, di riuscire a concretizzare delle visite guidate anche alla parte storica della nostra bella città.
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Interviste,
Valdagno
Ubicazione:
Valdagno VI, Italia
venerdì 3 gennaio 2014
La Nevicata del 1985
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Foto dalla pagine Facebook di I Love Valdagno |
Se la memoria non m'inganna, era gennaio, forse fine gennaio.
Mi ricordo quel pomeriggio come se fosse ieri.
Ero alle elementari ed io frequentavo al Ponte dei Nori e facevo tempo pieno.
C'erano pomeriggi in cui le nostre maestre non sapevano come farci tacere ma non era il caso di quell'esatto pomeriggio.
Cominciò a nevicare dopo pranzo, o almeno è così che ricordo.
Ci dissero che se stavamo zitti la neve sarebbe continuata a scendere copiosa.
Nessuno di noi si azzardava a correre il rischio che la neve smettesse di scendere e quindi in quel pomeriggio aleggiava il silenzio.
Come nella migliore delle profezie che si auto-avverano, più silenzio c'era più la neve scendeva e i fiocchi si facevano grandi come non so cosa.
Uscimmo, come sempre, alle 16.30 da scuola e arrivai a casa zuppa di neve e acqua perché, tornando a casa a piedi con alcuni compagni, non perdemmo tempo per giocare a palle di neve.
Il mondo sembrava candido e bellissimo, come tutto quel bianco che era sceso dal cielo.
Se c'è una cosa che ora, nell'età adulta, mi manca è il fatto di gioire immensamente quando vedo che la neve scende incessantemente dal cielo.
Quando si diventa adulti si pensa più alle occasioni perse in caso di neve che a quelle guadagnate in gioco e spensieratezza grazie a tutta quella bellezza invernale che si è posata al suolo.
Ricordo che mia madre quella sera tornò a casa dal lavoro e con me sorrideva tanto, cercando nello stesso tempo di placare il mio entusiasmo.
"E' sera e non vai fuori a giocare ora... magari domani".
Le parole devono essere state queste, circa.
Io passai la serata a tirar fuori dall'armadio la mia tuta da neve, i guanti impermeabili e mi provai i dopo-sci. Era tutto pronto: la mattina dopo sarei andata a scuola in tenuta iper-tecnica.
Già, la mattina dopo.
Fu quasi un problema uscire di casa: io ero piccola e sprofondavo in tutto quel bianco.
Ci mettemmo un sacco ad arrivare a scuola e, una volta lì, mi accorsi che solo pochi dei miei compagni erano riusciti ad arrivare.
Nel frattempo dal cielo scendeva ancora la neve.
Chiusero le scuole ed io fui trasferita di prepotenza in Via Castello, da mia nonna.
La famosa "pontara" non era praticabile dalle auto... ma era il campo di giochi perfetto per noi.
Per me la nevicata del 1985 fu un momento magico fatto di tanti sorrisi e poco disagio.
Invidio quel mio essere, a quel tempo, tanto serena, gioiosa e piena di felicità per quella neve posata al suolo.
Oggi guardo fuori dalla finestra e vedo un inverno asciutto.
L'adulta che è in me dice che è tutto ok. Ma la bimba?
Questo è il mio ricordo di quei giorni... qual è il vostro?
Ubicazione:
Valdagno VI, Italia
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