giovedì 30 ottobre 2014

Roberto Anzolin: un valdagnese in nazionale

Tra i calciatori nati e cresciuti a Valdagno che hanno "sfondato" nel mondo del pallone, entrando nel professionismo, spicca senza ombra di dubbio Roberto Anzolin, oltre ai più recenti Roberto Soldà e Paolo Zanetti.
(Foto con autografo di Roberto Anzolin dal sito http://www.delcampe.net)

Cresciuto nella Virtus, squadra dei giovani dell'Oratorio parrocchiale che poi "confluirà" nell'A.C.Agno (oggi Azzurra Agno, dalla fusione con l'Azzurra Maglio), Anzolin passò ben presto al Marzotto - prima squadra della città laniera - non ancora ventenne ai tempi della serie B per poi trasferirsi a Palermo e in seguito in Piemonte, dove militò per un decennio nella Juventus e precisamente dal 1961 al 1970 (notizie tratte da Wikipedia, l'Enciclopedia libera).

 (Un intervento ai tempi in cui Anzolin difendeva la porta della Juventus 
foto dal gruppo Facebook Il portiere ROBERTO ANZOLIN da Valdagno)

Proprio in quegli anni (e più precisamente nel 1966) giocò un tempo dell'incontro amichevole Italia-Messico finito 5 a 0 per gli azzurri, subentrando al portiere titolare Enrico Albertosi.
Un bel racconto/intervista della sua gloriosa carriera si trova a questo link.
Ha militato anche in altre realtà minori come Monza, Riccione, L.R. Vicenza e Casale, prima di appendere le scarpe al chiodo; venne tuttavia richiamato all'età di 46 anni a difendere nuovamente la porta dell'allora Valdagno in categoria Promozione, subendo appena 4 reti nonostante l'età non più così verde.....
Con meno fortuna intraprese per qualche anno anche la carriera di allenatore, che concluse dopo alcune brevi esperienze in serie minori cercando anche - invano - di salvare la squadra della sua città dalla retrocessione dalla serie C2 alla serie D, nel lontano 1997.
A Valdagno ha aperto nei primi anni 2000 una Scuola Calcio.

 (Anzolin con alcuni baby della Nuova Valdagno - foto dal Giornale di Vicenza)

venerdì 18 luglio 2014

Tributo a Carlos Nicolia

Il fenomeno: ce l'abbiamo noi!

E ancora: Carlos, facci un gol sotto la curva!

Canzoni che per quasi un decennio sono riecheggiate prima nella vecchia Pista Lido e poi all'interno del nuovo Palasport di Valdagno, luoghi di aggregazione in occasione degli incontri di hockey su pista, cantate nei palpitanti sabati sera dalla tifoseria locale che per 8 anni ha apprezzato le gesta del beniamino di nazionalità argentina Carlos Nicolia, in un connubio vincente che sembrava quasi indissolubile con la Città laniera.
 Immagini di Carlos Nicolia tratte dal sito Internet http://valdagno.altervista.org 

Nato a San Juan, città argentina da dove sono partiti anche altri campioni di questo sport minore, classe 1986, arrivò a Valdagno all'età di 20 anni dopo un'esperienza poco felice nella vicina Bassano del Grappa (altra Città veneta dove i pattini sono tradizione): con le sue magìe ha contribuito innegabilmente alla conquista di tutti e tre gli scudetti biancocelesti, l'ultimo dei quali ottenuto nel recente 2013.

Lascia ricordi indelebili in pista ma anche fuori: tra gli altri una piccola sommossa popolare in occasione di un possibile trasferimento vociferato qualche anno fa, con tanto di coinvolgimento dell'Amministrazione Comunale e dell'allora Sindaco Alberto Neri che alla fine riuscirono a trattenerlo.
 Carlos Nicolia ai tempi del primo Scudetto 
(immagine dal sito Internet http://valdagnocampione.jimdo.com)

Valdagno gli è stata vicina in un momento di difficoltà familiare, ora giustamente se ne va verso il Portogallo destinazione Porto, laddove l'hockey su pista è da sempre sport con maggior tradizione popolare e dove può tentare quel salto di qualità che giustamente si merita.

Grazie di tutto, cabezòn!

@massimin74

lunedì 26 maggio 2014

Supporta Radio EUreka!

Sostenere Radio Eureka

Un piccolo post per una grande cosa: il sostegno.
Quando impari a giocare a rugby (ma anche in tanti altri sport) impari il vero valore del sostegno.
Sai che potrai fare 2 metri oppure tutta la lunghezza del campo ma ci sarà sempre qualcuno dietro di te a cui passare la palla o che potrà fare qualcosa per la tua azione, per l'azione della squadra.

Stamattina io ho "giocato a rugby" con Radio EUreka!
Il progetto della radio mi piace un sacco e lo ritengo davvero importante, soprattutto importante per Valdagno e per tutto ciò che può comunicare.
Oggi ho giocato a rugby con Radio EUreka e mi sono collegata alla pagina che la radio ha creato su Music Raiser. Cosa ho fatto? Ho fatto una piccola donazione.

Una goccia qui, una goccia lì... così si è formato l'oceano.
Amo il crowndfounding perché è un'azione che alimenta i sogni dal basso.
Li alimenta e li sfama grazie a persone che hanno altrettanti sogni, altrettante aspettativa e altrettanta voglia di fare qualcosa di bello, di crescere e di vivere.

Un claim messo al mondo da Giobbe Covatta diceva "Basta poco, che ce vo'!!!"

Esplorate il mondo di Radio EUreka e sostenete questo progetto davvero importante!

giovedì 8 maggio 2014

Un piccolo ricordo di Cristina Castagna "El grijo"

Valdagno Cristina Castagna
 Un'immagine di Cristina Castagna tratta dal sito http://www.montagna.tv

Oltre a Gino Soldà, altra celebre alpinista valdagnese è stata senza dubbio Cristina Castagna - che in dialetto veneto era soprannominata el grijo (che significa il grillo) -, tristemente scomparsa nel 2009 alla giovane età di 31 anni: cadde in un crepaccio di ritorno da un'importante spedizione sul Broad Peak, la dodicesima montagna più alta al mondo (nota anche come K3) situata al confine tra Cina e Pakistan.

Un'immagine di Cristina Castagna durante l'ascesa al Makalu 

E, sia per le difficoltà che ci sarebbero state per andare a recuperarla ma anche perchè da lei espressamente richiesto, riposa ora lassù.
Infermiera di professione, è stata sia la più giovane donna italiana ad aver scalato un 8.000 che l'unica ad aver scalato il Makalu (la quinta montagna più alta al mondo), un anno prima dello sfortunato incidente che gli costò la vita.

Innumerevoli sono i ricordi e le sue testimonianze lasciate sulle Piccole Dolomiti da amici, parenti e simpatizzanti, luoghi che frequentava spesso per allenarsi prima di partire per le sue importanti e periodiche spedizioni nel Nepal.
Un mese dopo la sua scomparsa l'alpinista vicentino Tarcisio Bellò gli ha dedicato una vetta dell'Hindu-Kush che fino ad allora era rimasta inviolata, ribattezzandola appunto cima Cristina Castagna.
In tutti i rifugi delle Piccole Dolomiti è conservato il libro intitolato "L'acchiappasogni", che racconta della sua biografia: il ricavato delle vendite viene devoluto in beneficenza per sostenere un Ospedale della Costa d'Avorio, che Cristina aveva visitato durante una delle sue esperienze in giro per il Mondo.
Personalmente non la conoscevo, senza dubbio mi è rimasto impresso il Funerale, penso sia stata un'emozione non da poco considerato che durante quella toccante celebrazione la sua salma giaceva nei lontani ghiacciai del Karakorum.



martedì 29 aprile 2014

Un Workshop in Biblioteca

Guardate cosa succede in Biblioteca Civica a Valdagno il 16 Maggio alle 20.30
Si parlerà di libri, di viaggio, di raccontare i propri viaggi.
Vi aspetto numerosi!!

venerdì 25 aprile 2014

Un giorno di Libertà

Valdagno e la sua storia

 Non aggiorno queste pagine da un po', complici le tante cose da fare. 


I pensieri su Valdagno sono sempre tanti e a breve tornerò con una serata in Biblioteca (stay tuned) ma oggi penso al 25 Aprile, alla Liberazione, ai racconti della mia nonna materna e all'orgoglio con il quale, anni fa, ho visitato la Mostra che raccontava i Valdagnesi in Guerra.

Raccontare la Guerra è sempre un qualcosa di difficile perché si fa a pugni col passato e si pensa che sia tutto troppo ostico, troppo difficile, troppo discutibile... e chissà quanti altri "troppo".
Il passato e la Storia sono come dei gran gomitoli di Lana che vanno messi in ordine dopo averli districati, guardati e compresi.
Per questo amo le esposizione, le mostri e i racconti storici.

Non so perché, ma quando vidi la mostra che vi accennavo prima, ebbi una sorta di sussulto d'emozione davanti a quella foto di parte della Brigata Stella che cammina fiera in piazza.
Quei volti, quelli sguardi mi sono entrati nel cuore tanto che mia madre telefonò in Comune a mia insaputa per chiedere una copia di quella foto.
Io già vivevo in Svizzera e lei voleva regalarmela.
Le dissero che non era possibile e così, un bel giorno, mi arrivò in quel dell'Elvezia una bella busta con il catalogo della mostra e un biglietto che diceva "La puoi vedere a pagina 108".

Stamattina mi sono svegliata e, con lo stesso impeto di sempre, ho riguardato quella foto a pagina 108 e ho ripensato alla mia Valdagno.



lunedì 17 marzo 2014

Gino Soldà, storico alpinista della Valle dell'Agno

Credo non esista valdagnese che non abbia sentito parlare almeno una volta in vita sua di Gino Soldà.
Nato a Valdagno nel 1907 e vissuto a Recoaro Terme, ai piedi delle piccole dolomiti, è stato alpinista, partigiano, imprenditore, guida alpina e maestro di sci (come riportato anche nella pagina relativa alla sua biografia su Wikipedia, l'Enciclopedia libera);
Una foto di Gino Soldà dal sito Internet www.laraste.it

insignito della medaglia d'oro al valore atletico, ha aperto parecchie vie nelle piccole dolomiti e, soprattutto, la sua figura è legata al fatto di essere stato il capo spedizione della prima vittoriosa ascesa alla seconda vetta più alta al mondo del K2 (quota 8.611 m slm), nel lontano 1954 e all'età di 47 anni (era il meno giovane del gruppo).
I partecipanti alla spedizione "Italia K2" del 1954. In piedi, da sinistra: Ubaldo Rey, Ugo Angelino, Walter Bonatti, Ardito Desio, Lino Lacedelli, Gino Soldà, Achille Compagnoni e Cirillo Floreanini. Seduti, da sinistra: Sergio Viotto, Bruno Zanettin, Guido Pagani, Eric Abram e Pino Gallotti (Foto dal sito Internet www.dimensionmontagne.org/).

La seconda ascensione alla terribile vetta avvenne solamente 23 anni dopo, nel 1977, da una spedizione mista giapponese e pakistana. 

Arrampicò per l'ultima volta all'età di 78 anni e, dopo la sua scomparsa avvenuta nel 1989, sono a lui state intitolate tra le altre la Scuola di Montagna delle Sezioni del Club Alpino Italiano di Valdagno, Recoaro e Arzignano, il Palazzetto dello Sport di Valdagno (dove oggi c'è anche una palestra di roccia teatro di importanti eventi dimostrativi) e una bellissima struttura polifunzionale situata di fronte al RifugioCampogrosso, al quale si accede salendo dal centro di Recoaro Terme sulla destra, e quindi dall'alta Valle dell'Agno.

martedì 4 marzo 2014

Sguardi Urbani su Valdagno


A Valdagno esiste Fotoricerca... e questo non è proprio ben risaputo.
Fotoricerca è una di quelle associazioni nate molti, molti anni fa, di cui si sa dell'esistenza ma alla quale non tutti si avvicinano.
Io, personalmente, mentre abitavo a Valdagno non ho mai avuto a che fare con loro e, ora come ora, un po' mi dispiace.
Sono entrata in contatto con Cinzia di Fotoricerca qualche mese fa via mail e lei mi ha raccontato di questa nuova mostra che apre il 22 Marzo 2014.
Si chiama "Sguardi Urbani" e racconta Valdagno vista da vari fotografi dell'associazione.
Come dice il comunicato stampa "la mostra, incentrata sulla Città di Valdagno, prevede una retrospettiva della fotografa Elsa Visonà, di cui la Prof. Valeria Sandri proporrà un ritratto ed un approfondimento dell'opera...".
Quando ho letto il nome della Elsa Visonà mi si è davvero acceso un lampo.
Quando ero piccola passavo spesso davanti al suo studio fotografico e mi perdevo a guardare le foto d'epoca che lei ristrutturava e ristampava.
Un giorno mia madre trovò una bellissima foto di mio nonno Piero, il suo papà, e la portò alla Elsa.
C'era mi nonno a circa 4 anni con tanto di cerchio e bastone per giocare.
La Elsa fece un miracolo e riuscì a ristamparcela riconsegnandoci un piccolo pezzo di storia della mia famiglia.
Credo davvero che farò un salto a vedere questa mostra perché ho voglia di fare un viaggio nel tempo attraverso le immagini e ho tanta voglia di rivedere la Valdagno che fu.
Fotografare Valdagno, a mio avviso, non è cosa semplice e... lo scrivo qui così resta nero su bianco che è un'idea mia... mi piacerebbe far fotografare la mia città natale da gente che non è di lì (ho già in mente chi) per vedere come possano essere gli Sguardi Urbani Stranieri.
Vedremo...
La mostra apre il 22 Marzo e resterà aperta fino al 13 Aprile 2014.
Ogni lunedì la mostra sarà chiusa.

giovedì 20 febbraio 2014

Intervista a Cinzia Gandini

Intervista a Cinzia Gandini

Oggi intervistiamo una persona che mi ha sempre riempito di sorrisi e positività.
Eravamo colleghe, once upon a time, e ridevamo assieme dei viaggi fatti e da fare.
Lei è Cinzia Gandini, valdagnese che ora vive a Valencia, in Spagna.


*Ciao Cinzia, come mai sei finita in Spagna?
Beh ...che dire..... la storia sarebbe lunga....
come si sa....a volte nella vita bisogna fermarsi un momento, guardarsi intorno e “ascoltare la natura che ci circonda e le vibrazioni di un cielo stellato...” questo non centra niente, però suonava bene.....dicevo...tirare un po le somme, valutare possibilitá e le possibili opzioni della vita, dirai, tipici discorsi da fine anno...buoni propositi,progetti da realizzare, chili da perdere,smettere di fumare.
Chi non ha sognato una volta dicendo,vado a vivere a...voglio un posto al caldo,con il sole,il mare...un giorno , in silenzio...”ho visto la luce” come direbbero i Blues Brothers...come dicono qui ...”he sacado los huevos...” e mi sono messa in gioco....Spagna arrivo!
Sicuramente pensare di andare in Spagna non e' stata una decisione presa a cuor leggero, anche se da sempre, nel cassetto dei desideri c'era una piccola scatolina con bandiera giallo rossa. Questo e' stato l'inizio dell' avventura.
*Se "leaving New York is never easy", come cantano i R.E.M, lasciare Valdagno... com'è?
Non saprei... forse ci sara' un motivo perche' non me lo sono mai chiesta. Se ci sei nata o ci hai vissuto una parte di Valdagno sempre restera' legata al tuo Dna.
VALDAGNO TI SEGNA PER SEMPRE...AHAHAHAHAHAH
Noto quasi più emozione quando ci ritorno, nel riscoprire le vecchie sensazioni... sarà l'eta'!!!
*C'è qualcosa che ti manca più di altro?
Certo che anche tu fai delle domande... insomma ... beh ecco...qui lo stracchino non si trova!!
 *Avrai sicuramente racconta Valdagno a qualche tuo amico spagnolo. Cosa hai detto della nostra Valle?
Certamente, alcuni amici hanno commentato entusiasti le foto di panorami e montagne. Gli ho poi raccontato delle attivita' di svago e di divertimento disponibili nella zona, l'arte, la cultura, la cucina.... e per dar loro la sensazione vera... avevamo per fino il bianco rosso originale “Carlotto”... purtroppo dopo il terzo bicchiere, bevuto fresco,in terrazza con un caldo estivo....gia' i commenti erano un po' confusi.

lunedì 17 febbraio 2014

Vittorio Bicego, un Missionario laico valdagnese.

Vittorio Bicego è stato un missionario laico nato nel 1942 e cresciuto a Valdagno, che a 36 anni ha cambiato vita trasferendosi in Guinea Bissau dove ha poi sempre vissuto, dando una mano alle povere popolazioni africane di quella nazione.
E' scomparso nel 1998 all'età di 56 anni per un'imperdonabile febbre malarica, ed oggi è sepolto a Castelvecchio: per chi volesse andare a rendergli omaggio, il Cimitero è situato dietro al colle attrezzato come area a pic nic che domina il campo da calcio della frazione, a cavallo tra le due Valli dell'Agno e del Chiampo.


 Un'immagine di Vittorio Bicego in Guinea Bissau tratta dal sito Internet www.webdiocesi.chiesacattolica.it

A Valdagno si era diplomato come ragioniere presso l'Istituto Tecnico Commerciale “Luzzatti”; in seguito aveva lavorato per 10 anni presso gli uffici centrali della Marzotto, ma dopo un breve viaggio in terra africana per andare a trovare un parente, decise di farvi ritorno prima usufruendo dell'aspettativa concessagli dal suo datore di lavoro, e poi definitivamente.
Laggiù ha lasciato una traccia indelebile della sua infaticabile operosità costruendo case, scuole, strade e aziende agricole tutt'oggi operative dedite all'esportazione degli anacardi, e che possono dare un futuro dignitoso ad una popolazione di una terra infelice, tra le 20 nazioni più povere al mondo (come riportato alla voce “Economia” della pagina sulla nazione della Guinea Bissau su Wikipedia, l'Enciclopedia libera sul Web). Curioso è il fatto che non è così semplice trovare tratte aeree che raggiungano così facilmente la Capitale Bissau, come vale del resto un po' per tutti gli altri paesi africani più poveri.
Nonostante la sua assenza da Valdagno ha sempre tenuto aggiornati con lettere (al tempo chiaramente non esisteva Internet, e la comunicazione viaggiava esclusivamente per posta) i suoi colleghi amici valdagnesi sulle sue avventure africane, come da una piccola traccia qui sotto riportata, che risale al lontano 1979:

Nella zona di Bedanda le condizioni di vita sono tremende e i bambini sono quelli che ne fanno le spese.
Due giorni fa sono andato a far visita ad un villaggio nella foresta.
Appena arrivato, ho visto nel gran cortile un bambino che giaceva supino e ogni tanto si irrigidiva tutto. Aveva la bocca chiusa come una morsa ed il corpo che si piegava all’indietro.
Il tetano era già molto avanzato e non c’era più niente da fare. I genitori lo hanno abbandonato a se stesso perché credono che l’Iran sia entrato in lui. Pensare che avevo spiegato loro di portarmi i bambini appena li vedono star male. Me non c’è niente da fare: l’ignoranza e la paura sono più grandi di loro.
Mi sono portato il bambino nella mia capanna e l’ho assistito. Almeno è morto in un letto e non in mezzo alla polvere come un cane.

Ricordo con piacere anche di aver sentito i suoi amici narrare che Vittorio chiedeva di essere aggiornato sui risultati sportivi delle squadre della sua città, e in particolare del Calcio Valdagno.
Oggi a Valdagno molte persone di buona volontà si sono unite, ed hanno dato vita ad un'associazione denominata Cooperazione Internazionale valdagnese decentrata che sostiene parecchie realtà missionarie in giro per il mondo, tra cui appunto quella dove è vissuto Vittorio Bicego.
Tutte le informazioni a riguardo possono essere reperite sulla relativa pagina del sito Internet comunale, a questo link.

@massimin74

martedì 4 febbraio 2014

La Nostalgia è un Gusto


Sono giorni che, in un modo o nell'altro, Valdagno è nella mia mente.
Qui a Carpi diluvia e allora mi sono venuti in mente quei giorni, quando andavo al liceo, in cui definivo Valdagno la Desperation Valley perchè non appena arrivavo a Vicenza per andare a scuola lì non pioveva più. Ora piove a dirotto anche a Vicenza e mi rendo conto che tutto il mondo è paese e i disastri, purtroppo, non hanno confini.
Quando mi vengono questi pensieri tristi vado in cerca, nella mia mente, di immagini che mi facciano bene: spesso penso ai giorni che ho passato a Aberdaron, nel nord del Galles.
E se proprio voglio stare ancora meglio, richiamo con pensiero quei gusti che rappresentano per me i confort food. Abito in Emilia da anni e qui, in quanto a cibo, la sanno lunga ma se penso a qualcosa che mi faccia stare bene penso ai gusti della mia Valdagno.
Circa 3 settimane fa era il mio compleanno ed è venuta a trovarmi la mia amica Eleonora, portando con sé ciò che poteva esaudire un mio desiderio grande: la sopressa.
Non so se qualche "expat" mi sta leggendo. Sicuramente c'è tanta gente di Valdagno che non vive più lì e allora io mi chiedo quali potrebbero essere, per queste persone, i gusti che mancano di più.
A me manca davvero il gusto della sopressa perché qui la si trova, magari nei supermercati grandi, ma non ha nulla a che vedere con quelle belle sopresse morbide e gustose che si trovano in valle.
Ogni tanto mi manca il gusto del Biancorosso di Carlotto.
Quando vivevo in Svizzera capitava che i miei genitori mi venissero a trovare: mia madre mi portava sempre il Biancorosso. Ah la Bruna se la sapeva lunga!
Mi mancano gli gnocchi con la fioretta perché qui mica sanno come si usa la Fioretta.
Un giorno sono andata in una cascina qui vicino a prendere il Parmigiano e ho chiesto se potevano vendermi della fioretta. Il latte è pur sempre latte, no?
Niente... non ce n'è per nessuno. La fioretta non si vende e allora niente gnocchi!
Devo ammettere che a volte, presa dalla disperazione, mi metto a farli con la ricotta.
La Maresina poi non ne parliamo nemmeno. Ne avevo una pianta bella alta e profumata... poi c'è stato il terremoto qui in Emilia ed io sono stata fuori casa per quasi un mese.
Risultato? Il caldo pazzesco di quei giorni e la mancanza d'acqua hanno bruciato la pianta e allora Addio Maresina!
Mi mancano i Bigoli con l'arna, che per me sapevano di domenica e di festa.

E' proprio quando non hai più tutte quelle cose con le quali sei cresciuta che pensi a quanto quei gusti abbiano lasciato dei solchi dentro al cuore.
E' in quel momento che capisci che Nostalgia non è più solamente una parola ma è un gusto, quello delle tue radici e di ciò che ti ha reso, in parte, quello che sei!

martedì 28 gennaio 2014

La magia della Tessitura


Mio nonno Piero Perin, padre di mia mamma, era uno di quelli che in tessitura Marzotto ci aveva lasciato non so quanti giorni della sua vita.
La mia nonna e sua moglie, la Cecilia, mi raccontava sempre di quando mio nonno partiva dal Castello per raggiungere la tessitura a piedi. Tutti i giorni della sua vita.
Non ho mai conosciuto mio nonno di persona, so di lui e della sua vita da tutto quello che mi è stato raccontato e ogni tanto guardo una sua foto e riverso i miei pensieri su quell'immagine, cercando di dargli una voce, un tono, un atteggiamento... ovvero tutto quello che non riesco a ritrovare dentro ai miei ricordi.
Era il 1997 e avevo appena cominciato a lavorare alla Marzotto quando venni invitata in sede centrare (io lavoravo al Maglio) per una sorta di giornata formativa sull'azienda. Era messa in piedi ogni tot di nuovi assunti che, in quel periodo, arrivavano copiosi da ogni dove. Io stessa ero stata pescata dall'elenco dei voti della maturità del mio liceo.
Quel giorno, in sede centrale, ci fecero fare un viaggio nell'universo Marzotto, spiegandoci tutto: dall'arrivo della lana, al tessuto e al capo finito.
Non era tanto la questione della "confezione" che mi interessava; io ero attirata alla grande da quella magia chiamata tessitura.
Mia nonna mi raccontava che in quel reparto c'era un gran baccano. Mio nonno, del resto, aveva dei gran problemi d'udito già a 40 anni. La causa di questi era, probabilmente, il rumore assordante dei telai che, come nel miglior filmato sulla produttività della Valle, era la colonna sonora della vita della città.
Un giorno, avrò avuto 6 anni circa, mia nonna mi portò dalle parti della Marzotto, vicino a dove c'erano le finestre della tessitura. Mi disse che da lì, in estate, si sentiva il battere dei telai.
Se sentivi quel rumore voleva dire che andava tutto bene.
Nel 1997, all'alba dei miei quasi 20 anni, io entrai in tessitura e mi sentivo come un archeologo nel momento di aprire un luogo sacro.
Il rumore c'era, le vibrazioni del pavimento pure. Le navicelle dei telai viaggiavano così veloci da non saperle distinguere nel loro movimento.
Un addetto ai telai ne rallentò uno per farci vedere come funzionava il tutto: le navette erano due e si incontravano a metà percorso per scambiarsi i fili. Non so spiegarvi perché ma in quel momento io pensai a due mani che si stringono dando inizio a qualcosa di spettacolare. Ne rimasi estasiata.
Il tessuto che nasce è proprio come un bimbo che viene al mondo e se sei di Valdagno questa cosa è dentro di te.
L'estate scorsa ho raggiunto le Isole Ebridi Esterne e ho scoperto come viene tessuto il tweed.
Ho ripensato a mio nonno, al suo correre in fabbrica e ai suoi timpani, provati all'ennesima potenza da un processo rumoroso e allo stesso tempo grandioso.

Se chiedessi ai Valdagnesi oggi chi sa tessere... in quanti mi risponderebbero?

venerdì 24 gennaio 2014

Fora Febraro!

Foto dalla Pagina Facebook Fora Febraro

Ok, lo so che deve ancora finire Gennaio. Ma non posso farci nulla se già penso a "Fora Febraro".
Come nel migliore degli assiomi, se pensi tanto ad una cosa significa che ti manca e nulla potrebbe essere più vero se riferito a me.
Ne me sono andata da Valdagno nel 2002 ed è da quell'anno che non sento più i botti e il casino il 28 (o 29) Febbraio.
Quando ero piccola speravo sempre che fine di Febbraio cadesse nel week-end così potevo restare a dormire dalla mia nonna, in Via Castello.
Mia nonna Cecila era per me la tenutaria di un sacco di tradizioni. A fine febbraio mi armava di coperchi di pentole e mi lasciava andare in giro a far casino perché "pi casin ghe xe par far fora Febraro, mejo xe".
Io sono sempre stata molto legata a queste tradizioni antiche e pagane che, sicuramente, sono state portate nella nostra valle da quegli uomini biondi e nordici chiamati Cimbri.
I Cimbri arrivavano dalla Danimarca ed erano popolazione di tradizione pagana all'ennesima potenza e questo si vede da tutto ciò che ci hanno lasciato: il falò della Stria, Feste come la Chiamata di Marzo e essenzialmente il fatto di fare del gran casino per cacciare l'inverno.
Ci sono miliardi di tradizioni che assomigliano a quella di Fora Febraro presso tutti quei popoli che un tempo praticavano il paganesimo.
L'inverno è spesso visto come un essere cattivo che va scacciato con del gran rumore.
Vale, per me, anche l'interpretazione diversa che vede l'inverno come un qualcosa di assopito che va svegliato affinché la primavera faccia il suo corso.
Comunque la mettiate, io sento una grande mancanza dei botti e del casino in quella notte di fine febbraio. Qui in Emilia, solitamente è tutto così silente che io non posso esimermi dal prendere i coperchi delle mie pentole, uscire in terrazzo 3 minuti e sbatterli a più non posso.
Che mi prendano pure per matta i miei vicini... io sono di Valdagno e lì si fa Fora Febraro.
Non fare rumore quella sera mi fa sentire come una bimba che non ha fatto il suo dovere... e sia mai che io mi senta così!
So che la popolazione della Valle si divide in chi ama questa tradizione e in chi, invece, la vorrebbe morta e sepolta.
Ammesso e concesso che i botti si devono fare in totale sicurezza e senza recare danno a nessuno (animali e cose comprese), io sono una grande sostenitrice di tutte quelle tradizioni che rendono peculiare, curioso e interessante un paese.
Perché ci sono sagre e feste in Italia, magari in paesi piccoli, che attirano gente su gente e non c'è nessuno che viene a passare la notte di fine Febbraio a Valdagno?

lunedì 20 gennaio 2014

Intervista a Emilio Nizzero

Intervista a Emilio Nizzero

Oggi iniziamo una nuova settimana con una bella intervista a Emilio Nizzero che, per Valdagno, è davvero un personaggio poliedrico e di tutto rispetto.
Emilio e Io ci siamo conosciuti in un bell'agriturismo, al cospetto di un ottimo formaggio di capra.
E questo non è un caso visto che il nostro intervistato di oggi fa parte dell'O.N.A.F. ovvero l'organizzazione nazionale degli assaggiatori di formaggi.
Eh già... così come ci sono i sommelier, ci sono anche gli assaggiatori di formaggi.
Ecco un altro mestiere da mettere nella mia lista del "cosa vuoi fare da grande":
Su questo blog avevamo già parlato di Emilio in occasione della prima cena sociale della Confraternita della Maresina.


Se io dico Valdagno, qual è la prima (ma proprio la prima) parola che ti viene in mente?
Vivere , perchè Valdagno è una città da vivere.
A Valdagno trovi tutto: storia, arte, cultura,paesaggio, divertimento, tranquillità: una città tutta da vivere.
Sono rimasto lontano da Valdagno, per motivi di lavoro, per circa 25 anni. Al mio rientro ho ripercorso tutti I luoghi della mia infanzia e giovinezza e li ho trovati ancora intatti come li avevo lasciati. Ecco forse bisogna lasciare per un pò di tempo la propria città per poterne apprezzare la bellezza e la tranquillità di vita.

Immagina di essere ad una conferenza con tantissime persone e pensa alla possibilità di promuovere Valdagno in poche righe. Cosa diresti?
La Città Sociale è senza dubbio il punto di partenza per promuovere Valdagno: unica in Italia nel suo genere, voluta e costruita negli anni dalla famiglia Marzotto per i propri dipendenti ed è diventata il simbolo della Città. 
Dall’asilo, alle scuole elementari e medie; dagli istituti superiori alle case per i lavoratori del Lanificio.
Dallo stadio alle piscine, dal dopolavoro alle palestre,  dalla scuola di musica al teatro.
Ci sono inoltre gli ambulatori medici alla casa di riposo per gli anziani: una città dentro alla città.
Tutto ciò è ancora in uso e visitabile.
A Valdagno non c'è solo questo: la parte vecchia è ricca ville e palazzi storicamente risalenti a varie epoche, nonchè manufatti ecclesiastici risalenti al XIII secolo.
Valdagno è immersa nel verde delle colline, ha numerose contrade facilmente raggiungibili sia in auto che a piedi o mountain bike, ricche anche esse di storia e cultura ,dalle qualli si ha una visione della città e di tutta la valle.

Cosa manca alla nostra città e su cosa punteresti per far parlare il mondo di Valdagno?
In teoria come già detto a Valdagno non manca nulla.
In pratica manca la capacità di sviluppare idee ed agire con semplicità e costanza nell’attuarle.
Vuoi alcuni esempi?
Valdagno : “Città dell’armonia"
Scuola di musica V.E. Marzotto – Auditorium Ugo Zanuso”, perché non portare la musica nelle vie della città?
Valdagno : Città dell’arte e dell’armonia “
Qui c’è il Liceo artistico Boccioni perché non coinvolgerlo in un progetto che faccia conoscere la città organizzando mostre utilizzando spazi aperti e già di per sé artistici della città?
Sto pensando alle numerose corti esistenti in centro storico .
A Valdagno c’è un circolo fotografico “ Fotoricerca “ che esiste da 40 anni e potrebbe organizzare mostre fotografiche sia paesaggistiche che artistiche  e interagire con altri circoli fotografici della provincia o della regione .

“Valdagno città sociale dell’arte, dell’armonia e della gastronomia!“
A Valdagno c’è anche un interessantissimo bacino eno-gastronomico da sviluppare.
Ci sono ristoratori che operano da anni con impegno per promuovere la cucina del territorio ricca di storia e tradizioni.
Ora credo che a Valdagno non manchi proprio nulla.

Raccontami due prodotti con la Maresina che secondo te sono da conoscere e gustare.
Nell’aprile dello scorso anno si è svolta in città  la prima festa della “ Maresina De.Co di Valdagno “ e in quella occasione si sono sperimentati numerosi prodotti gastronomici contenenti questa erba.
Nell’aprile di quest’anno la festa si ripeterà e per l’occasione sono già in produzione un formaggio, dei biscotti, una torta e un sugo tutti con Maresina De.Co di Valdagno.
L’idea del formaggio con la Maresina mi è venuta 5 anni fa.
Da esperto caseario ho provato abbinare questa nostra erba, usata solamente per le più famose fritole, ad una cagliata ottenuta dal latte di vacca di razza bruna . Il risultato mi è parso subito buono.
E’ un formaggio a latte intero termizzato, a pasta cruda pressata.
La cagliata avviene per acidità naturale del latte e con l’aggiunta di caglio animale. Una volta ottenuta la cagliata si procede all’impasto della stessa con foglie essiccate di Maresina De.Co. Di Valdagno. La stagionatura si protrae per circa 60 giorni in ambiente naturale.
E’ un formaggio da tavola ( 60 giorni )se fatto stagionare più a lungo se ne consiglia l’uso leggermente riscaldato alla piastra.
La vera e propria novità di quest'anno è il sugo che sarà senz’altro un altro prodotto molto interessante. 
Viene prodotto con Maresina De.Co di Valdagno con aggiunta di Noci tritate e formaggio Monte Faldo De.Co stagionato, grattuggiato, il tutto amalgamato con olio extravergine d’oliva.
Sarà un ottimo condimento per le classiche tagliatelle fatte in casa. Provare per credere.


giovedì 16 gennaio 2014

I primi stranieri dell'hockey Valdagno

Squadra di Hockey Valdagno

Chi si ricorda gli spagnoli Josè Cuesta e Pedro Ventura, e l'americano Jimmy Trussell?
Negli anni '80 a Valdagno l'hockey si giocava nella vecchia pista Lido (a fianco della Piscina scoperta), entrambe di proprietà dei Marzotto: un piccolo catino dove nei sabati sera si assiepavano anche più di 1.000 persone per seguire i propri beniamini, che generalmente erano persone del posto cresciute con questa passione e che potevano sfidare le squadre più forti davanti ad un calorosissimo pubblico che iniziava ad assiepare le gradinate anche un'ora prima dall'inizio della gara.

Erano gli anni dei valdagnesi Grigolato e dei fratelli Marco e Mirko De Gerone (“figli d'arte” di Luigi), del cavallo pazzo Pretto, di Cocco, Tony Faccin e tanti altri, tutti nati e cresciuti a Valdagno. A separare la pista di gioco dal pubblico c'era solo una normalissima rete di recinzione, cosicchè i giocatori e soprattutto i direttori di gara avevano il fiato direttamente sul collo e non potevano certo permettersi grandi errori; le panchine erano appena fuori dagli spogliatoi (e non sotto quella che più tardi diventerà una specie di tribunetta stampa, dove saranno spostate qualche anno dopo) e le porte dei campi avevano i pali a forma rettangolare e non rotondi, secondo quelle disposizioni che verranno introdotte in seguito dalla Federazione Italiana Hockey e Pattinaggio.

Era decisamente un altro tipo di hockey, certamente più battagliero e più campanilistico rispetto a quello odierno: furono gli anni del vero e proprio boom di questo sport, che è sempre stato di seconda fascia ma che arrivò ad essere introdotto di lì a poco persino come sport dimostrativo alle Olimpiadi di Barcellona, un'esperienza che purtroppo non venne più ripetuta.

E fu proprio in quegli anni anche a Valdagno iniziarono ad arrivare i primi giocatori dall'estero: in primis gli spagnoli Jose Cuesta e Pedro Ventura, che tranne per quella parentesi vicentina credo abbiano fatto immediato ritorno in patria. Chi invece sostò un po' di più in Italia fu l'americano Jimmy Trussell che, arrivato da Valdagno via Vercelli, disputò un paio di stagioni di buon livello prima di passare al Thiene (altra formazione che in quegli anni era tra le più forti a livello nazionale). Non furono molti i campioni di questo sport negli states, lui sicuramente lasciò segno del suo passaggio nella città laniera tanto che di lì a poco la formazione biancoceleste arrivò in semifinale nella prima esperienza assoluta europea di Coppa Cers (l'allora equivalente della Coppa Uefa del Calcio), dove venne eliminata più che onorevolmente dai portoghesi del Benfica (valdagnesi sconfitti per 5 a 3 in casa e pareggio per 5 a 5 in trasferta).

E dopo di loro a Valdagno arrivarono lo spagnolo Valverde e il portoghese Trindade, e via via gli altri che hanno contribuito a far vivere dei sabati sera emozionanti agli abitanti valdagnesi particolarmente appassionati di questo sport in quegli anni (ma lo sono anche oggi), e che potete leggere nell'ebook che ho scritto e di recente pubblicato intitolato “Dalle stelle alle stalle alle stelle”, in vendita qui.

@massimin74

Dettagli della foto
Ecco la squadra dell'hockey Marzotto Valdagno che ha disputato il campionato di serie A nel 1989/1990 (dal sito Internet http://valdagnocampione.jimdo.com/).

In piedi da sinistra Cocco, Pretto, Valverde, Trindade e Zanfi. Sotto da sinistra Peghin, Franceschi, Mirko De Gerone, Cunegatti e Randon.
A parte Zanfi,Trindade e Valverde, gli altri erano tutti valdagnesi. Valverde si stabilirà poi a Valdagno e sarà l'allenatore che porterà alla conquista del primo storico scudetto di hockey su pista per la città cosiddetta laniera.

lunedì 13 gennaio 2014

C'era una volta lo Sgnarock...

Valdagno Sgnarock
C'era una volta lo Sgnarock, che mi è tornato in mente grazie ad un gruppo Facebook che ho scoperto da poco. Se non erro, la manifestazione nacque nel 1991 e si teneva in Favorita.
Successivamente fu spostata al Maglio di Sopra per una questione di spazio e di affluenza.
Se penso a quel periodo mi viene in mente una parola inglese che definisce quelli che iniziano una cosa e non la portano più avanti. Ho in testa il concetto ma non la parola precisa ma se la ritrovo nei meandri del mio cervello ve la dico.
Lo Sgnarock era quella kermesse nata per caso, forse, e continuata arrivando nell'albo dei migliori festival rock d'Italia.
Gli anni '90 sono stati un'ottima fucina di momenti come lo Sgnarock: regnava su tutti l'Arezzo Wave ed era fantastico perché c'era un gran fermento musicale serio e impegnato. Io sono fiera di essere stata adolescente in quegli anni.
I miei ricordi dello Sgnarock sono tanti e c'è un'unica cosa che mi dispiace: non ho mai fatto parte della squadra dei volontari degli stand.
Il mio ricordo più grande di quella manifestazione è legato all'ultima edizione, quella dell'estate del 1998. Io ero appena tornata da Recife, in Brasile, e con l'associazione di volontari della quale facevo parte si era messo su uno stand nella zona dedicata al volontariato.
Era una posizione perfetta: sufficientemente vicina al palco per godersi lo spettacolo, sufficientemente lontana per non scassarmi i timpani e correttamente vicino all'entrata per beccare più gente possibile.
La mia anima in quei giorni era in fase di ricostruzione: dopo quasi un mese di Brasile e di bimbi di strada, ero in una di quelle condizioni in cui ogni cosa tenera mi faceva piangere.
Adoravo godermi i momenti di tranquillità del pomeriggio, quando ancora non c'era troppa gente in giro per il prato e il sole di fine agosto era già gentile sulla pelle.
Adoravo, alla sera, sentire l'aria scendere dai monti costringendomi a mettere il maglione.
Vedere il prato dei concerti stracolmo di gente era una soddisfazione non da poco.
Non dimenticherò mai le performance degli Afterhours, degli Africa Unite (il prato straboccava) e dei Modena City Ramblers che, se non erro, sono stati proprio il gruppo che ha chiuso l'ultima edizione dello Sgnarock.
Questo festival mi manca, così come mi manca la Settimana dell'Oratorio e il Festival Blues durante i mercoledì d'estate.
Una volta cercai di ragionare tra me e me per capire come mai, quando ci sono delle cose che funzionano bene, le si lascia andare e non le si mette in scena più.
Non voglio fare nessun discorso sulle responsabilità e sull'impegno. Quello che dico, da spettatrice appassionata, è che esiste sempre un momento in cui le cose diventano grandi e ci pongono davanti ad una scelta: o ci si dedica ad essere o non le si pensa più.
Questo accade con le passioni, il lavoro, lo sport, lo studio e mille altre cose.
Quello che posso dire con certezza ora è che un festival come lo Sgnarock avrebbe fatto parlare di Valdagno in tutta Italia.
In un'epoca in cui web e social network sono alla portata di tutti, lo Sgnarock avrebbe avuto una diffusione virale e così anche il nostro bel paesello.
Si dovesse mai decidere di ricominciare con questo festival, io mi offro per metterci quanto possa essere possibile per me.
Mi piacerebbe davvero che un bell'evento come questo tornasse a chiudere l'estate Valdagnese.

giovedì 9 gennaio 2014

L’ultimo del Giro d’Italia a Valdagno

Giro d'Italia a Valdagno
Un’immagine del tratto finale del versante valdagnese dello Zovo dal blog di Emanuela Tintori, che lo ha percorso al contrario rispetto alla Tappa del Giro raccontata in questo articolo
29 Maggio 1998.
Risale a 15 anni fa l’ultimo passaggio della cosiddetta “Carovana rosa” del Giro d’Italia per le strade di Valdagno e purtroppo, per gli “affezionati” di questo bellissimo sport che permette ogni anno di scoprire nuovi scorci e suggestivi paesaggi d’Italia, anche per il 2014 non è previsto il transito nonostante il notevole sèguito che c’è in tutta la vallata (come testimoniato da quegli innumerevoli gruppi più o meno organizzati di ciclismo e di Mountain Bike che si ritrovano tutte le Domeniche per una bella scampagnata in allegria).
Che peccato!
Fu quella la 13a tappa del Giro, caratterizzata da una lunga fuga iniziale di due gregari (Douma e Bessy) senza esito, e così i corridori entrarono in gruppo in Città da Sud, dopo aver attraversato tutta la valle dell’Agno.

Se non ricordo male al tempo non era ancora stata realizzata la grande rotatoria di Ponte dei Nori, e sicuramente neanche quella che si trova in prossimità dello Stabilimento ora ex Marzotto di Maglio di Sopra: quindi per i corridori fu un lungo rettilineo fino alla frazione di Maglio di Sopra, e poi da qui imboccarono in senso contrario la discesa che porta verso la cosiddetta “busa del Mayo” per l’occasione ri-asfaltata, sulla destra appena dopo il semaforo pedonale che è stato installato non molti anni fa (sarebbe stato infatti impossibile prendere poco prima, sempre sulla destra, la stradina ben più stretta di fronte al negozio di Mamma Gigetta), attraversarono poi il Ponte sull’Agno ed iniziarono la salita del Passo dello Zovo passando davanti all’attuale sede degli Alpini di Novale, e quindi dietro al bar della Ruetta.

Nel tratto iniziale (che è anche quello più impegnativo) ci furono una serie di scatti e controscatti, ma la stoccata che sembrava decisiva fu quella piazzata da Marco Pantani, che partì nel lungo rettilineo finale prima della fattoria che si trova sulla sinistra - salendo -, e che è anche una delle ultime abitazioni prima del Passo, quota 631 m.
Ma nella successiva discesa verso Schio successe l’imprevedibile: causa il fondo stradale scivoloso per la leggera pioggia e le prime temibili curve appena passata la Trattoria in cima al Passo, Pantani cadde; riuscì comunque ad alzarsi quasi subito, ma nel frattempo perse la prima posizione e concluderà la tappa al dodicesimo posto (alcune di queste informazioni sono state reperite sul sito Internet di Rai Sport).

Ma anche chi lo seguiva, e nel frattempo era passato in testa, dovette fare i conti con l’imprevedibilità del versante scledense dello Zovo: anche il russo Pavel Tonkov andò diritto poco sopra la Chiesa della frazione di Monte Magrè, lasciando la speranza di vittoria della tappa.

E tra un inconveniente e l’altro si arrivò prima a Magrè e quindi nel centro di Schio, dove in volata si impose Michele Bartoli su Guerini e Paolo Bettini.
Poco dopo arrivò Noè, che quel giorno conquistò la maglia rosa di leader, ma che la perderà immediatamente il giorno successivo, quando arrivarono le grandi montagne (e per i successivi tre giorni fu indossata dallo svizzero Zulle).
Per la cronaca quel Giro d’Italia fu vinto dall’indimenticabile Marco Pantani, che in classifica generale si imporrà davanti a Tonkov e a Guerini.
Marco Pantani in un’immagine tratta dal suo sito Internet ufficiale

La 13a del Giro d'Italia del 1998 partì da Carpi: ma che coincidenza per @Giovyfh!

@massimin74

martedì 7 gennaio 2014

Intervista a Valentina Dall'Ara

Intervista a Valentina Dall'Ara

Oggi intervistiamo Valentina Dall'Ara, che è una Valdagnese molto appassionata della storia della nostra città. In particolare, Valentina si è laureata con una tesi che parla del Teatro Rivoli.
Ecco qui quello che ci siamo raccontate!


Ciao Valentina, ti va di prensentarti in qualche parola?
Ciao Giovy! Grazie innanzitutto per questa possibilità e per il tuo entusiasmo nel promuovere il nostro territorio! 
Ti racconto un po’ di me, dunque, sono valdagnese di nascita, classe ’86, quando ho un po’ di tempo libero mi puoi trovare in biblioteca dove spulcio articoli e testi riguardanti la nostra città. 
Mi sono laureata in lettere a Venezia ed ho terminato gli studi a Roma dove ho collaborato con gallerie d’arte contemporanea. Attualmente lavoro al Museo Civico di Bassano del Grappa.
La mia vera passione però è il teatro, sono redattrice per la rivista Sipario ed ho collaborato con diverse compagnie e teatri.

So che hai fatto una bellissima Tesi sul Teatro Rivoli, come mai questa scelta?
Il teatro Rivoli ha sempre avuto per me un fascino speciale. 
Ci passavo accanto da bambina, per andare a casa dei nonni, all’epoca era già chiuso da parecchi anni, e ricordo nitidamente l’odore di qualcosa di grande che usciva dalle finestre laterali semichiuse. Ancora oggi mi capita di sentire questo particolarissimo odore passandoci affianco.  
Ancora prima di iscrivermi all’Università sapevo che la mia tesi di laurea, consultabile in biblioteca Villa Valle (Storia e documentazione del Cinema Teatro Impero poi Rivoli in Valdagno 1937-1981), sarebbe stata su questo gigante addormentato. Ne ho ricostruito la storia partendo dalle fonti giornalistiche del tempo: La Vedetta Fascista, Il Giornale di Vicenza, Il Bollettino dei Lanifici. 
La mia tesi è nata dunque dalla curiosità di recuperare la storia di un Teatro che, nonostante abbia avuto vita per soli 45 anni, è diventato il custode dei ricordi di molte generazioni diverse. Ha assistito ai molteplici cambiamenti storici del Novecento passando attraverso la seconda guerra mondiale, il fascismo, la caduta del regime, l’avvento della tecnologia, le rivoluzioni del ’68, gli anni settanta fino a gustare il primissimo assaggio degli anni ottanta prima di chiudere e diventare soltanto un altro luogo di memorie.
Oggi resta lo spettro di un Teatro forse ancora troppo ingombrante pur essendo ‘morto’ da ben 32 anni: una struttura massiccia di nome Rivoli che, soprattutto per chi è troppo giovane per ricordarlo attivo, viene riconosciuta solamente come condominio o addirittura confusa con l’omonimo bar posizionato sull’altro lato della strada, situato in quel palazzo conosciuto come palazzo Jolly Hotel che ha preso il posto della piazza-giardino che una volta sorgeva davanti al Teatro.

Se dovessi avere davanti a te un viaggiatore di qualche paese lontano, come lo convinceresti a venire a vedere Valdagno!?
In realtà, già parecchie volte mi sono trovata in questa situazione e devo dire che le reazioni dei miei interlocutori sono sempre state più che positive. 
La storia di Valdagno, in particolare della dinastia Marzotto e della città sociale, affascina facilmente. Forse, ancora non ci siamo resi conto del patrimonio di archeologia industriale che abbiamo a disposizione ogni giorno sotto i nostri occhi: la città sociale di Valdagno è di per sé un unicum che, come tale, andrebbe valorizzato, preservato e promosso come bene comune.
Valdagno ha moltissime storie da raccontare, credo di poter affermare che ogni edificio sia della città sociale che della città storica conserva aneddoti o avvenimenti incredibili!

Raccontami il luogo che più ami (Rivoli escluso) della nostra città.
Al di fuori del Teatro Rivoli e della città sociale mi affascina particolarmente la Piazza del Campanile perché in un limitatissimo spazio si presentano sotto i nostri occhi 400 anni di storia. 
Non tutti sanno che, incastonato nel campanile, c’è un rilievo in pietra del 1400, di autore ignoto, rappresentante l’ultima cena. Il campanile, testimonianza di architettura cinquecentesca valdagnese, è opera dell’architetto Agostino Righetto: un bell’esempio di classico seicentesco è la vicina canonica.
il Duomo, costruito nella seconda metà del 1700, è opera di Giovanni Miazzi, e la facciata, realizzata un secolo dopo, è  di Luigi De Boni. In Piazza del Campanile dunque la Storia dal ‘400 all’ 800 si presenta contemporaneamente sotto i nostri occhi. Niente male, no?
In questa piazza sorgono anche spontanee alcune domande che potrebbero incuriosire un possibile turista e, perché no, anche un valdagnese: il campanile, di solito, si trova vicino a una chiesa, il nostro invece non lo è, dunque, dov’era e com’era la vecchia Chiesa di San Clemente in precedenza? E perché è stata sostituita dall’attuale Duomo settecentesco?  
Vi lascio con la curiosità! 
Assieme alla Provaldagno e al Comune stiamo cercando di approntare una serie di percorsi guidati in particolare rivolti alla conoscenza della Città Sociale ma speriamo, in un futuro, di riuscire a concretizzare delle visite guidate anche alla parte storica della nostra bella città.

venerdì 3 gennaio 2014

La Nevicata del 1985

Nevicata del 1985 a Valdagno
Foto dalla pagine Facebook di I Love Valdagno
Durante questo inizio d'inverno con temperature non proprio iper-fredde, penso e ripenso alla nevicata del 1985.
Se la memoria non m'inganna, era gennaio, forse fine gennaio.
Mi ricordo quel pomeriggio come se fosse ieri.
Ero alle elementari ed io frequentavo al Ponte dei Nori e facevo tempo pieno.
C'erano pomeriggi in cui le nostre maestre non sapevano come farci tacere ma non era il caso di quell'esatto pomeriggio.
Cominciò a nevicare dopo pranzo, o almeno è così che ricordo.
Ci dissero che se stavamo zitti la neve sarebbe continuata a scendere copiosa.
Nessuno di noi si azzardava a correre il rischio che la neve smettesse di scendere e quindi in quel pomeriggio aleggiava il silenzio.
Come nella migliore delle profezie che si auto-avverano, più silenzio c'era più la neve scendeva e i fiocchi si facevano grandi come non so cosa.
Uscimmo, come sempre, alle 16.30 da scuola e arrivai a casa zuppa di neve e acqua perché, tornando a casa a piedi con alcuni compagni, non perdemmo tempo per giocare a palle di neve.
Il mondo sembrava candido e bellissimo, come tutto quel bianco che era sceso dal cielo.
Se c'è una cosa che ora, nell'età adulta, mi manca è il fatto di gioire immensamente quando vedo che la neve scende incessantemente dal cielo.
Quando si diventa adulti si pensa più alle occasioni perse in caso di neve che a quelle guadagnate in gioco e spensieratezza grazie a tutta quella bellezza invernale che si è posata al suolo.
Ricordo che mia madre quella sera tornò a casa dal lavoro e con me sorrideva tanto, cercando nello stesso tempo di placare il mio entusiasmo.
"E' sera e non vai fuori a giocare ora... magari domani".
Le parole devono essere state queste, circa.
Io passai la serata a tirar fuori dall'armadio la mia tuta da neve, i guanti impermeabili e mi provai i dopo-sci. Era tutto pronto: la mattina dopo sarei andata a scuola in tenuta iper-tecnica.
Già, la mattina dopo.
Fu quasi un problema uscire di casa: io ero piccola e sprofondavo in tutto quel bianco.
Ci mettemmo un sacco ad arrivare a scuola e, una volta lì, mi accorsi che solo pochi dei miei compagni erano riusciti ad arrivare.
Nel frattempo dal cielo scendeva ancora la neve.
Chiusero le scuole ed io fui trasferita di prepotenza in Via Castello, da mia nonna.
La famosa "pontara" non era praticabile dalle auto... ma era il campo di giochi perfetto per noi.
Per me la nevicata del 1985 fu un momento magico fatto di tanti sorrisi e poco disagio.
Invidio quel mio essere, a quel tempo, tanto serena, gioiosa e piena di felicità per quella neve posata al suolo.
Oggi guardo fuori dalla finestra e vedo un inverno asciutto.
L'adulta che è in me dice che è tutto ok. Ma la bimba?
Questo è il mio ricordo di quei giorni... qual è il vostro?
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