martedì 28 gennaio 2014

La magia della Tessitura


Mio nonno Piero Perin, padre di mia mamma, era uno di quelli che in tessitura Marzotto ci aveva lasciato non so quanti giorni della sua vita.
La mia nonna e sua moglie, la Cecilia, mi raccontava sempre di quando mio nonno partiva dal Castello per raggiungere la tessitura a piedi. Tutti i giorni della sua vita.
Non ho mai conosciuto mio nonno di persona, so di lui e della sua vita da tutto quello che mi è stato raccontato e ogni tanto guardo una sua foto e riverso i miei pensieri su quell'immagine, cercando di dargli una voce, un tono, un atteggiamento... ovvero tutto quello che non riesco a ritrovare dentro ai miei ricordi.
Era il 1997 e avevo appena cominciato a lavorare alla Marzotto quando venni invitata in sede centrare (io lavoravo al Maglio) per una sorta di giornata formativa sull'azienda. Era messa in piedi ogni tot di nuovi assunti che, in quel periodo, arrivavano copiosi da ogni dove. Io stessa ero stata pescata dall'elenco dei voti della maturità del mio liceo.
Quel giorno, in sede centrale, ci fecero fare un viaggio nell'universo Marzotto, spiegandoci tutto: dall'arrivo della lana, al tessuto e al capo finito.
Non era tanto la questione della "confezione" che mi interessava; io ero attirata alla grande da quella magia chiamata tessitura.
Mia nonna mi raccontava che in quel reparto c'era un gran baccano. Mio nonno, del resto, aveva dei gran problemi d'udito già a 40 anni. La causa di questi era, probabilmente, il rumore assordante dei telai che, come nel miglior filmato sulla produttività della Valle, era la colonna sonora della vita della città.
Un giorno, avrò avuto 6 anni circa, mia nonna mi portò dalle parti della Marzotto, vicino a dove c'erano le finestre della tessitura. Mi disse che da lì, in estate, si sentiva il battere dei telai.
Se sentivi quel rumore voleva dire che andava tutto bene.
Nel 1997, all'alba dei miei quasi 20 anni, io entrai in tessitura e mi sentivo come un archeologo nel momento di aprire un luogo sacro.
Il rumore c'era, le vibrazioni del pavimento pure. Le navicelle dei telai viaggiavano così veloci da non saperle distinguere nel loro movimento.
Un addetto ai telai ne rallentò uno per farci vedere come funzionava il tutto: le navette erano due e si incontravano a metà percorso per scambiarsi i fili. Non so spiegarvi perché ma in quel momento io pensai a due mani che si stringono dando inizio a qualcosa di spettacolare. Ne rimasi estasiata.
Il tessuto che nasce è proprio come un bimbo che viene al mondo e se sei di Valdagno questa cosa è dentro di te.
L'estate scorsa ho raggiunto le Isole Ebridi Esterne e ho scoperto come viene tessuto il tweed.
Ho ripensato a mio nonno, al suo correre in fabbrica e ai suoi timpani, provati all'ennesima potenza da un processo rumoroso e allo stesso tempo grandioso.

Se chiedessi ai Valdagnesi oggi chi sa tessere... in quanti mi risponderebbero?

Nessun commento:

Posta un commento

Ciao, ti ringrazio per il commento che mi lascerai.
Ogni contributo è sempre molto importante.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...